Secondo molti sondaggi i Verdi tedeschi potrebbero essere capaci di superare la CDU il 26 settembre. Ma niente è ancora deciso. Nel frattempo, però, i Grünen stanno già sorpassando la CDU come partito tedesco più apprezzato da Washington. Lorenzo Monfregola analizza questo scenario. Sul fronte della pandemia, invece, Alessandro Ricci racconta l’accelerazione tedesca nella campagna vaccinale, dove la Germania ha infine sorpassato diverse grandi paesi nelle somministrazioni giornaliere.
I Grünen superano la CDU sull’atlantismo
LORENZO MONFREGOLA
Dopo un primo sondaggio ne è arrivato un altro, poi un altro ancora, poi ancora uno. In una decina di giorni, si è prospettata la svolta: i Grünen potrebbero riuscire a sorpassare la CDU-CSU alle elezioni del 26 settembre. Lo scarto a favore dei Verdi a volte è minimo, 25% contro 24%, mentre altre è più ampio, 28% contro 23%. Ci sono però anche sondaggi in cui la CDU-CSU resta in testa. Quello che è chiaro è che l’effetto Baerbock vs Laschet c’è stato. La domanda è se il nuovo trend reggerà per altri 4 mesi. Nel frattempo, però, c’è un altro potenziale sorpasso che non fa dormire sonni tranquilli agli strateghi cristiano-democratici. Si tratta del sorpasso geopolitico-transatlantico: i Verdi si stanno posizionando come il partito tedesco preferito da Washington. Per decenni la formazione atlantista per eccellenza è sempre stata una: la CDU. Ora le cose stanno cambiando. I motivi sono soprattutto due: Russia e Cina.
Sorpasso geopolitico-transatlantico: i Verdi si stanno posizionando come il partito tedesco preferito da Washington. I motivi sono due: Russia e Cina
Washington likes die Grünen
I Verdi tedeschi non sono più anti-americani da un pezzo. Lo furono negli anni ‘80, quando nacquero dall’incontro tra un certo ambientalismo romantico e la declinazione ecologista di un post-marxismo tatticamente anti-Nato. Tuttavia, a ben guardare, già quando i Grünen si affermavano come ambientalisti pacifisti e anti-sistema, le loro posizioni erano pur sempre anche una declinazione euro-tedesca del ‘68 di Berkeley. Le posizioni anti-atlantiste sono state poi per sempre superate nel 1999, con l’appoggio dei Grünen all’operazione NATO contro la Serbia. E ora che il ‘68 di Berkeley è stato ampiamente istituzionalizzato dai Democrats USA, i Verdi tedeschi si affermano con il partito più in linea con i paradigmi e le prospettive liberal. Nessuno in Germania è infatti più liberal dei Verdi, come dimostrano la loro difesa militante della società aperta e le loro posizioni su multiculturalismo, uguaglianza di genere, diritti civili. Oggi, a 40 anni dalla nascita dei primi Verdi tedeschi, l’apprezzamento dei media liberal USA e dei think tank più classicamente atlantisti per l’ipotesi “Baerbock for Kanzlerin” dimostra come la vidimazione transatlantica dei Grünen sia ormai completa.
L’apprezzamento dei media liberal USA e dei think tank più classicamente atlantisti per l’ipotesi “Baerbock for Kanzlerin” dimostra come la vidimazione transatlantica dei Grünen sia ormai completa
I media e osservatori USA che negli ultimi anni avevano elogiato sempre più apertamente Angela Merkel (nominandola Leader of the free world soprattutto in funzione anti-Trump) non sembrano adesso esageratamente entusiasti di Armin Laschet, l’erede partitico della Kanzlerin. Gli stessi media e osservatori hanno trovato invece in Annalena Baerbock una figura ben più interessante, capace di unire uno stile neo-manageriale al nuovo corso liberal-ambientalista. Questo non significa certamente che la CDU-CSU sia divenuta formalmente meno atlantista, ma significa che è arrivato un competitor politico che promette di esserlo in maniera più attuale.
A Pechino e Mosca non piacciono i Grünen
Le radici materiali del nuovo e potenziale asse transatlantico-green sono anche strategiche. Nel futuro prossimo, l’atlantismo dei vari partiti tedeschi non si potrà infatti più esprimere soltanto tramite la semplice amicizia verso gli USA, ma richiederà anche una certa inimicizia verso i competitor globali di Washington, a partire da Mosca e Pechino. E i Grünen sono oggi il partito tedesco più critico e intransigente verso Russia e Cina. Intransigenza che viene innanzitutto espressa nel campo dei diritti umani e che si interseca poi con la critica ambientalista.
Dove la tattica di Merkel aveva spinto nel dicembre 2020 il CAI tra Ue e Cina, i Verdi hanno invece scelto un’opposizione che si è affermata proprio in questi giorni in sede europea
Dove ampi settori della CDU-CSU o della SPD cercano di salvare da anni il Nord Stream 2, i Verdi si sono più volte dichiarati contrari all’opera, definendola una concessione al Cremlino e un’infrastruttura anti-ecologica. Dove la tattica di Merkel ha spinto nel dicembre 2020 il Comprehensive Agreement on Investment (CAI) tra UE e Cina, i Verdi hanno invece scelto un’opposizione che si è affermata proprio in questi giorni in sede europea.
Più ampiamente, l’asse transatlantico verde, di cui Baerbock ha parlato riferendosi a una transatlantische Allianz für Klimaneutralität, è elemento inevitabilmente geopolitico che si struttura anche sulla rimodulazione dei commerci globali in base a nuovi standard produttivi. Ovviamente, una rimodulazione del genere non è per niente semplice. Per tale motivo, i partiti da anni al potere in Germania come la CDU e la SPD sono invece molto più titubanti su un’accelerazione green che vada a toccare anche gli equilibri canonici dell’import-export tedesco. Ed è proprio in questo senso che la BDI, la Confindustria tedesca, ha recentemente criticato il programma dei Grünen, dichiarando: “Nella politica commerciale, le idee dei Verdi per gli accordi internazionali portano all'isolamento (…). I Verdi non riconoscono quanto il popolo tedesco ed europeo traggano beneficio dalle esportazioni, dai mercati aperti e da catene di approvvigionamento funzionanti”. Un passaggio che parla soprattutto di Cina, ormai primo partner commerciale della Germania per volume di interscambio complessivo. A questo genere di accuse Baerbock ha indirettamente risposto che “naturalmente come europei non possiamo chiuderci completamente alla Cina. È un mercato troppo grande per farlo”. Tuttavia, Baerbock ha più volte fatto intendere che il piano dei Verdi punti comunque allo sganciamento dalla dipendenza tedesca dall’export verso il mercato cinese e persegua un approccio ben più conflittuale di fronte alla penetrazione di Pechino nelle economie europee.
Il piano dei Verdi punta comunque allo sganciamento dalla dipendenza tedesca dall’export verso il mercato cinese e persegue un approccio ben più conflittuale di fronte alla penetrazione di Pechino nelle economie europee
L’agenda dei Verdi per fare della Germania una neo-avanguardia del Green Deal europeo viene intanto già parzialmente condivisa dal cruciale mondo dell’automotive tedesco, al di là delle posizioni generali del BDI. L’impostazione geopolitica che un governo a maggioranza verde porterebbe a Berlino apre quindi un confronto che è solo all’inizio. Su un esecutivo di coalizione Schwarz-Grün (nero-verde) a maggioranza CDU-CSU c’era un accordo quasi ecumenico tra i poteri economico-finanziari tedeschi. La questione diventa invece più complessa se i Verdi diventassero il primo partito, in una coalizione Grün-Schwarz o frutto di altre composizioni.
Il glitch militare
Nello scenario fin qui descritto, va anche sottolineato quello che sembrerebbe invece il più grande ostacolo a un asse indissolubile tra Verdi tedeschi e Democrats americani: il dossier militare. I Grünen continuano a essere formalmente cauti su qualsiasi investimento militare, rimandano spesso i loro posizionamenti al multilateralismo delle organizzazioni internazionali, sono contrari all'obiettivo NATO del 2 per cento del Pil in spese per la difesa e parlano molto genericamente di una ridiscussione dell’Alleanza atlantica. In altre parole, sul dossier militare i Grünen restano meno canonicamente atlantisti rispetto ai settori CDU tradizionalmente più vicini a Washington (che rimangono tuttora strutturalmente decisivi nella politica estera tedesca). Al tempo stesso, questa cautela militare dei Verdi preoccupa oggi in realtà più le stanze della geo-strategia di Parigi che quelle statunitensi. È infatti l’hard-power politico francese a chiedersi se un governo tedesco a guida Grünen potrà innanzitutto rallentare i progetti di sviluppo della difesa comune europea.
Un glitch capace di annunciare una deformazione di quella che fino a qualche anno fa era una sovrapposizione perfetta tra europeismo e atlantismo
Progetti su cui l’Eliseo punta da tempo, in nome del suo piano di autonomia strategica di affiancamento (con superamento?) dell’attuale geometria NATO. Pertanto, la confusa e ancora incerta definizione del dossier militare da parte dei Verdi, più che infastidire Washington, potrà essere piuttosto un potenziale glitch negli equilibri franco-tedeschi dell’Unione Europea. Un glitch capace di annunciare una deformazione di quella che fino a qualche anno fa era una sovrapposizione perfetta tra europeismo e atlantismo.
Twitter:@Lorenzomonfreg
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Lo scatto tedesco sui vaccini
ALESSANDRO RICCI
Una delle speranze rimaste all’Unione (CDU/CSU) per vincere al meglio le elezioni federali del 26 settembre è la possibilità che cinque giorni prima, per l’equinozio d’autunno, tutta la popolazione tedesca abbia avuto la possibilità di essere vaccinata come promesso dalla Cancelliera Angela Merkel. E così, mentre il sorpasso dei Verdi, con la Kanzlerkandidatin Annalena Baerbock, crea un piccolo terremoto all’interno del partito conservatore, il governo sembra puntare su un cambio di strategia sul dossier vaccini. La Germania inizia a segnare record su record per numero di dosi inoculate al giorno. L’ultimo è quello di mercoledì 28 maggio: 1.116.608, quasi raggiunto il 5 maggio con 1.092.765 iniezioni. Arrivando così al 31,5% della popolazione che ha ricevuto una dose di vaccino e 7.360.108 completamente vaccinate, 8,8% della popolazione, 7.360.108 persone* (I dati si riferiscono a giovedì 6 maggio).
Se le vaccinazioni continueranno a questi ritmi, e questo è quello che sembra grazie alle crescenti consegne di vaccini, circa la metà dei tedeschi avrà ricevuto un invito per la vaccinazione entro l'inizio di giugno
Se le vaccinazioni continueranno a questi ritmi, e questo è quello che sembra grazie alle crescenti consegne di vaccini, circa la metà dei tedeschi avrà ricevuto un invito per la vaccinazione entro l'inizio di giugno. Il 50%, che è stata la soglia che ha permesso al Regno Unito di uscire dal lockdown e probabilmente il target che il governo tedesco si è posto per un lento ritorno alla vita normale. Germania che a Boris Johnson sembra essersi ispirata anche per quanto riguarda la strategia vaccinale: vaccinare più persone possibile con la prima dose. Secondo una circolare della STIKO (commissione per le vaccinazioni), infatti, la seconda dose per i vaccini a mRNA, Biontech-Pfizer e Moderna, invece di essere inoculata dopo 3 settimane viene somministrata dopo 42 giorni (strategia recentemente intrapresa anche in Italia) permettendo così di avere una sacca di vaccinati con la prima dose maggiore e ottenere una prima protezione, per poi completare il ciclo vaccinale quando ci sarà una maggiore disponibilità di vaccini a giugno e luglio. Se, infatti, si guardano i numeri delle vaccinazioni tra prima e seconda dose negli ultimi giorni si nota che il numero di iniezioni di prima dose rappresenta oltre l’80% di tutte quelle inoculate.
Ma cosa è cambiato in Germania? A marzo la Repubblica Federale era ancora su un ritmo inferiore o uguale a quello italiano (ne scrivevamo qui). Ma è comunque da notare, facendo un paragone con il nostro Paese, che l’Italia si avvicina molto alle dosi inoculate per 100.000 abitanti della Germania su media mobile settimanale. Come si è arrivati allora a superare il numero di dosi per 100.000 abitanti inoculate negli Stati Uniti e a stabilire un record europeo in alcuni giorni? In questo caso il vero discriminante è stato il permettere la vaccinazione ai medici di famiglia. Se infatti si guardano i dati, il vero cambio di rotta avviene nel momento in cui il sistema delle Artzpraxis diventa rodato; potremmo far cadere il periodo nella settimana che va dal 26 aprile al 2 maggio, quando vengono inoculate oltre 4 milioni di dosi in 7 giorni. Prendendo come esempio il giorno record del 28 aprile, delle 1.116.608 iniezioni, 729.083 sono state fatte in un laboratorio medico (cioè soprattutto da medici di famiglia).
A questo si lega anche un maggiore desiderio della popolazione di farsi vaccinare, che deriva anche dalle nuove misure messe in atto dal governo. Da sabato 8 maggio, infatti, coloro che hanno ricevuto la seconda dose di un vaccino da almeno 14 giorni o sono guariti dal Covid da non più di 6 mesi non dovranno più osservare le rigide regole del lockdown. Cosa significa? Che ad esempio per visitare negozi non essenziali, centri estetici, parrucchieri etc., non verrà più richiesto un test negativo effettuato il giorno stesso, ma basterà mostrare l’avvenuta vaccinazione. Questo darà anche il diritto a non rispettare il coprifuoco e a non essere conteggiati nel numero di persone massimo che si possono incontrare all’esterno.
Intanto, alla velocità delle vaccinazioni si aggiunge anche l’abbassamento della curva delle infezioni, con l’incidenza settimanale che si avvicina sempre di più a 100, numero preso come riferimento per l’allentamento di alcune misure, come il tanto discusso coprifuoco tra le 22 e le 5. Quindi, in alcuni stati come Berlino già si ipotizzano riaperture per la gastronomia almeno all’esterno, mentre il Ministro-Presidente della Baviera, Markus Söder, permetterà le vacanze nel proprio Land. La situazione sta migliorando così velocemente che sia il Ministro della salute Jens Spahn che il capo del Robert Koch Institut si sono sbilanciati affermando che la terza ondata Covid è stata fermata.
E adesso che la terza ondata, che poi in Germania è stata semplicemente il prolungamento della seconda, è stata interrotta e oltre a migliaia di vite si è portata via centinaia di migliaia di consensi del partito conservatore, è arrivato il momento della ricostruzione, in particolare quella politica.
E adesso che la terza ondata, che poi in Germania è stata semplicemente il prolungamento della seconda, è stata interrotta e oltre a migliaia di vite si è portata via centinaia di migliaia di consensi del partito conservatore, è arrivato il momento della ricostruzione, in particolare quella politica. Infatti, il Covid si è portato via parte della credibilità di Angela Merkel e del suo partito, a causa di un lockdown che dura dal 16 dicembre e da alcune timide misure sulle riaperture che hanno creato malcontento nella popolazione. Tanto che la Cancelliera non è nemmeno andata al G20 in Portogallo per rimanere in patria, attenendosi alle regole alle quali si attiene la popolazione, volendo così mostrare vicinanza ai cittadini che non possono viaggiare.
Merkel è rimasta per mostrare l’impegno in patria e nelle prossime settimane insieme ai primi ministri dei diversi Länder avrà il compito di riportare la Germania e i tedeschi ad una vita normale, stilando un calendario di riaperture e cercando di riconquistare la fiducia dell’elettorato. Così le elezioni più importanti degli ultimi 16 anni dove il focus doveva essere l’addio della Mutti, oltre ad avere al centro il clima tanto da essere rinominate Klimawahl, saranno anche delle Impfwahl, ossia “elezioni del vaccino”. Se a settembre, infatti, gli obiettivi imposti saranno raggiunti allora un po’ del consenso guadagnato dai Verdi potrà essere riconquistato dall’Unione mostrando il successo della campagna vaccinale e della strategia basata sulla cautela messa in atto dal governo.
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