Terrorismo: il tenente travestito da migrante // I Verdi giocano alla guerra
Il co-leader verde Habeck in Ucraina // Lo strano caso del tenente Franco A.
In questo numero affrontiamo due argomenti molto diversi. Alessandro Ricci analizza le conseguenze della dichiarazione del co-leader dei Verdi, Robert Habeck, che si è detto d’un tratto favorevole all’export di armi in Ucraina. Dichiarazione che ha mandato in crisi l’ala pacifista del partito e ha fatto sorgere nuovi interrogativi sulla politica estera dei Verdi. Lorenzo Monfregola racconta invece l’apertura del processo su una delle vicende più strane e inquietanti degli ultimi anni: il caso Franco A. Un ex tenente della Bundeswehr è accusato di aver preparato un atto terroristico false flag sotto la falsa identità di un rifugiato siriano. Il caso è stato decisivo nell’aprire una serie di indagini e provvedimenti politici contro l’estremismo di destra nell’esercito tedesco.
I Verdi giocano alla guerra
Alessandro Ricci
Robert Habeck, copresidente dei Verdi con la candidata cancelliera Annalena Baerbock, munito di giubbotto antiproiettile ed elmetto, viaggia per l’Ucraina mettendo scompiglio nel suo partito. In visita a un villaggio distrutto nell'Ucraina orientale, l'esponente ecologista si è pronunciato a favore della fornitura di armi a scopo difensivo da parte della Germania all'Ucraina e “contro l'intervento militare della Russia” nell'est dell'ex repubblica sovietica. I Verdi, ha evidenziato Habeck, provengono dal pacifismo, ma quando si tratta di autodifesa di un paese oggetto di aggressione non è più possibile rifiutare l'aiuto. Allo stesso tempo, il copresidente dei Verdi ha definito “complicata” la possibile adesione dell'Ucraina alla Nato, perché il paese “non è preparato” e l'Alleanza atlantica “non agisce in modo ordinato” sulla questione. Tuttavia, il tema “non deve essere rimosso dal tavolo”, sebbene non sia ancora il momento di “concludere tutto adesso”. Due dichiarazioni, un piccolo terremoto.
Robert Habeck, copresidente dei Verdi con la candidata cancelliera Annalena Baerbock, munito di giubbotto antiproiettile ed elmetto, viaggia per l’Ucraina mettendo scompiglio nel suo partito.
Atlantisti e aperti antagonisti della Russia di Putin, i Verdi hanno sostenuto i movimenti per la democrazia ucraini dai tempi del movimento di Euromaidan e ora sono al fianco del governo di Kiev nella guerra in Donbass. Tuttavia, le affermazioni di Habeck spostano il baricentro degli ecologisti, che hanno avuto sempre una visione da “guerrieri democratici” per citare Angelo Panebianco, su posizioni più interventiste. Dichiarazioni che, inoltre, contraddicono la posizione del governo federale. Il portavoce dell'esecutivo, Steffen Seibert, ha infatti ribadito che per Berlino il conflitto in Ucraina deve avere una soluzione politica nel quadro del Formato Normandia. Sulla fornitura di armamenti dalla Germania all'ex repubblica sovietica, Seibert è stato molto chiaro: “Perseguiamo una politica di esportazione di armi restrittiva e responsabile e per quanto riguarda l'Ucraina non rilasciamo alcun permesso per le armi da guerra”.
Intanto, nei Verdi si è già levato un coro di critiche contro Habeck, a partire da Jürgen Trittin, già presidente del partito ed esponente dell’ala più di sinistra. “La vendita di armi all'Ucraina sarebbe in contraddizione con il nostro principio di non esportare armi in zone di guerra. Le consegne di armi continuano a minare l'attuazione degli accordi di Minsk”, ha dichiarato Trittin. I Verdi sostengono tradizionalmente una politica restrittiva sulle esportazioni di armi. Una posizione che gli ecologisti intendono mantenere. La bozza del programma per le elezioni del Bundestag del 26 settembre afferma, infatti, la volontà di porre fine alle “esportazioni di armi europee nelle aree di guerra e di crisi”, con controlli restrittivi sulle forniture militari. Questo obiettivo è stato ribadito da Annalena Baerbock, al tempo stesso maggiormente possibilista su altri fronti. La candidata cancelliera degli ecologisti si è, infatti, detta a favore del rafforzamento della missione che l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) sta svolgendo in Ucraina. In particolae, Baerbock ha sottolineato che in questo teatro è necessario “il supporto della difesa aerea”. A voler leggere tra le righe, si tratta comunque di una richiesta di armamenti: difensivi, ma sempre armamenti.
Nel 2018 e nel 2019, è stata approvata esclusivamente l'esportazione in Ucraina di armi da caccia e sport, per un valore di 2,1 milioni di euro in ciascuno dei due anni. Nel 2019, il dato era pari allo 0,03% del totale delle esportazioni militari tedesche.
Ça va sans dire, le dichiarazioni di Habeck hanno trovato d’accordo l’ambasciatore d'Ucraina a Berlino, Andriy Melnyk, che da tempo ha chiesto alla Germania di fornire al proprio paese cannoni antiaerei, sistemi di difesa per le coste del Mar Nero e del Mar d'Azov, corvette, motoscafi e sottomarini. Tuttavia, negli ultimi anni, il governo federale è rimasto fermo sul veto alle forniture di armi tedesche a Kiev. Nel 2018 e nel 2019, è stata approvata esclusivamente l'esportazione in Ucraina di armi da caccia e sport, per un valore di 2,1 milioni di euro in ciascuno dei due anni. Nel 2019, il dato era pari allo 0,03% del totale delle esportazioni militari tedesche. La Germania ha praticamente azzerato le consegne di armamenti verso la ex repubblica sovietica.
La posizione di Habeck e in parte di Baerbock pone ora diversi interrogativi sulla politica estera dei Verdi e su un certo riposizionamento che il partito sta vivendo. In un teatro di guerra non esistono armi di difesa perché, chiaramente, non può esservi alcun controllo sull'utilizzo degli armamenti. In secondo luogo, un’esportazione di armi diretta dalla Germania all’Ucraina metterebbe il cappello tedesco su una delle parti in conflitto. Tuttavia, Berlino è tra i negoziatori della soluzione diplomatica nel Formato Normandia. La questione verrebbe quindi ulteriormente complicata se la Germania vendesse armi all'Ucraina, con la Repubblica federale che perderebbe il ruolo di mediatore super partes. Inoltre, la Germania non ha alcun interesse ad alimentare ulteriormente il conflitto in Ucraina orientale. “La Russia sfrutterebbe l'armamento dell'Ucraina come pretesto per il dispiegamento delle proprie truppe in Crimea, nell'Ucraina orientale e al confine russo-ucraino”, ha sostenuto a riguardo il deputato della CDU Jürgen Hardt.
Si potrebbe affermare che Habeck abbia tentato di inviare un segnale per un maggiore sostegno della Germania all'Ucraina. Tuttavia, il risultato è pessimo, con il dissenso all'interno degli stessi Verdi. È qui, dunque, che si mostra l’inesperienza del partito in questioni delicate e, soprattutto, in politica estera.
Infine, l’idea di includere l’Ucraina nella NATO potrebbe trasformare un conflitto regionale a bassa intensità in una nuova Guerra fredda (o calda). Mosca può interpretare una mossa in tal senso come un invito a prolungare indefinitamente il confronto. Infatti, la cancelliera Angela Merkel, sicuramente più esperta degli ecologisti su questo fronte, ha esercitato pressioni sugli Stati Uniti per rallentare il processo di adesione.
A ogni modo, la mossa di Habeck apre una questione: non tanto sulla guerra in Ucraina, ma su un possibile futuro dei Verdi al governo. Appare, infatti, una certa inesperienza degli ecologisti, che emerge con esternazioni come quelle del loro copresidente. Si potrebbe affermare che Habeck abbia tentato di inviare un segnale per un maggiore sostegno della Germania all'Ucraina. Tuttavia, il risultato è pessimo, con il dissenso all'interno degli stessi Verdi. È qui, dunque, che si mostra l’inesperienza del partito in questioni delicate e, soprattutto, in politica estera. Se questo doveva essere il momento della verità, Habeck sembra aver dimostrato una certa ingenuità. Chissà se dopo tutte le critiche ricevute, i copresidenti dei Verdi abbiano capito che la Realpolitik è spesso ben lontana dalle intenzioni.
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Terrorismo: il tenente travestito da migrante
Lorenzo Monfregola
Il 20 maggio è iniziato a Francoforte il processo all’ex tenente della Bundeswehr Franco A., in cui verrà trattata una delle vicende tedesche più strane e significative degli ultimi anni. L'uomo è accusato di aver assunto per oltre un anno una seconda identità, quella di un cittadino siriano richiedente asilo in Germania, allo scopo di compiere un attentato terroristico con modalità false flag. Secondo l’accusa, Franco A., mosso dal suo estremismo di destra, voleva assassinare politici e personalità pubbliche per poi far ricadere la colpa sul suo alter ego siriano. La contorta vicenda Franco A. è pubblicamente esplosa nell’aprile 2017 ed è stata la scintilla che ha fatto scoperchiare il vaso di Pandora della diffusione dell’estremismo di destra nell’esercito tedesco. Il processo iniziato a Francoforte non sarà però semplice e il suo esito resta molto incerto.
L'uomo è accusato di aver assunto per più di un anno una seconda identità, quella di un cittadino siriano richiedente asilo in Germania, allo scopo di compiere un attentato terroristico con modalità false flag.
Lo strano caso Franco A.
Il 22 gennaio 2017 una donna delle pulizie dell’aeroporto internazionale di Vienna trova una pistola nascosta nel pozzetto di una toilette per disabili. La donna chiama la polizia austriaca, che analizza l'arma: è una M.A.P.F. di produzione francese, modello 17, calibro 17.55, prodotta tra il 1928 e il 1944 ma funzionante e caricata con 6 pallottole. La polizia di Vienna rimette la pistola nel pozzetto, inserendo però un dispositivo di allarme nel nascondiglio. Il 3 febbraio 2017 nella toilette arriva un uomo tedesco alla soglia dei 30 anni. L’uomo cerca di prendere la pistola e viene subito arrestato. Il cittadino tedesco racconta agli agenti una storia inverosimile: un paio di settimane prima avrebbe trovato la pistola in un cespuglio, l’avrebbe messa in tasca, se ne sarebbe dimenticato fino a pochi minuti prima di prendere l’aereo e l’avrebbe allora temporaneamente nascosta nella toilette, allo scopo di consegnarla poi alla polizia al proprio ritorno a Vienna. L’uomo viene denunciato e, poco dopo, rilasciato. Tuttavia, la cosa più incredibile deve ancora accadere: gli agenti austriaci inviano le impronte digitali dell’uomo alla BKA, la polizia federale tedesca. Dal successivo controllo emergono due cose: le impronte sono sia quelle di Franco A., tenente in servizio presso il 291mo battaglione di fanteria della Bundeswehr inquadrato nella Brigata franco-tedesca con sede a Illkirch (presso Strasburgo), sia quelle di David Benjamin, registrato dal dicembre 2015 come richiedente asilo di cittadinanza siriana a Erding (in Baviera).
Il 17 febbraio iniziano le indagini da parte tedesca e il 27 aprile successivo Franco A. viene arrestato. Il 2 maggio l'inchiesta viene assunta dalla Procura generale federale (GBA), quella che indaga per crimini contro lo Stato (terrorismo, spionaggio, alto tradimento).
Le impronte digitali sono sia quelle di Franco A., tenente in servizio presso il 291mo battaglione di fanteria della Bundeswehr, sia quelle di David Benjamin, registrato dal dicembre 2015 a Erding come richiedente asilo di cittadinanza siriana.
Tramite diverse perquisizioni, nello scantinato di Franco A. vengono trovate munizioni ed esplosivi, in parte sottratte illegalmente a depositi della Bundeswehr. Altre munizioni vengono reperite presso due amici dell’uomo (a cui lo stesso tenente le avrebbe affidate pochi giorni dopo essere rientrato da Vienna). Soprattutto, viene appurato che per oltre un anno Franco A. si è effettivamente spacciato per un richiedente asilo siriano. Come dimostrano i selfie trovati sul cellulare dell’uomo, il tenente A. ha approfittato di un aspetto non necessariamente nord-europeo e ha poi scurito il suo volto e colorato la propria barba. Franco A. si è quindi presentato al centro rifugiati di Erding con il nome di David Benjamin, sostenendo di essere un siriano cristiano, ex soldato, scappato dalle persecuzioni dovute alla sua fede e al suo nome possibilmente ebraico. Il tenente della Bundeswehr ha parlato in francese con i responsabili dell’Ufficio federale per la migrazione e rifugiati (BAMF), affermando di aver frequentato scuole francesi in Siria e di conoscere il francese meglio dell’arabo. Come appurato da successive indagini, gli impiegati del BAMF hanno incredibilmente e ripetutamente creduto alla storia raccontata del finto migrante. Il sedicente Benjamin ha quindi ricevuto un permesso di soggiorno provvisorio, un posto in un centro per rifugiati e un sussidio di sussistenza. In realtà Franco A., approfittando del grande caos tedesco nei mesi dell'emergenza migratoria, si è poi presentato raramente al centro per rifugiati, perché comunque sempre impegnato con il suo lavoro da militare a Illkirch, a ben 400 chilometri dalla Baviera.
Malgrado la comunicazione dei militari francesi, i superiori tedeschi di Franco A. non hanno di conseguenza mai segnalato il caso al MAD, il Servizio federale di controspionaggio militare, tra le cui competenze rientrano la prevenzione e la repressione di ogni estremismo nella Bundeswehr.
Durante le perquisizioni della primavera 2017, nell'abitazione di Franco A. sono stati trovati anche frammenti di appunti, tra cui una lista che riporta i nomi di specifici politici ed esponenti di Ong. Sono state rinvenute anche alcune fotografie che ritraggono le automobili parcheggiate di lavoratori della fondazione antirazzista Amadeu Antonio di Berlino, oltre a schizzi sulla posizione della stessa fondazione. Sempre secondo l’accusa, in altri appunti Fanco A. avrebbe preparato un attacco con armi da fuoco a Berlino, con successiva fuga fino al centro per rifugiati, allo scopo di lasciare appositamente le proprie tracce come David Benjamin.
Nell’aprile 2017 è emerso anche che nel 2013 Franco A. aveva presentato una tesi per il suo corso universitario militare in Germania e presso la prestigiosa École spéciale militaire de Saint-Cyr in Francia. Proprio il comandante dell'accademia francese aveva però rifiutato il lavoro, segnalando per iscritto ai superiori tedeschi di Franco A. come il testo fosse intriso di razzismo, estremismo di destra e complottismo. In particolare, la tesi sposava profondamente temi etno-razzisti, suprematisti e antisemiti. Gli ufficiali tedeschi avevano quindi esaminato il caso, convocando poi Franco A. e accettandone le sue giustificazioni. Al giovane veniva infine semplicemente chiesto di scrivere un’altra tesi e nel luglio 2015 Franco A. diventava ufficialmente soldato di professione. Malgrado la comunicazione dei militari francesi, i superiori tedeschi di Franco A. non hanno di conseguenza mai segnalato il caso al MAD, il Servizio federale di controspionaggio militare, tra le cui competenze rientrano la prevenzione e la repressione di ogni estremismo nella Bundeswehr.
Nel dicembre 2017, il GBA ha incriminato Franco A. per “preparazione di un atto violento pericoloso per lo Stato”, possesso illegale di armi e altri reati. Nel frattempo, il tenente è stato radiato dall’esercito. Un amico dell’uomo è stato condannato per la semplice detenzione illegale di armi, mentre un altro amico di Franco A., il militare Maximilian T. (oggi collaboratore di un parlamentare di AfD), è stato indagato ma non incriminato. Per un certo periodo, dopo la richiesta del GBA, il Tribunale superiore di Francoforte non ha accettato l’incriminazione dello stesso Franco A., ritenendo che gli indizi per la preparazione concreta e definita di un attacco fossero comunque insufficienti. Il GBA si è allora rivolto alla Corte di giustizia federale (BGH), insistendo anche sulla natura estremista di destra dell’indagato. Il BGH ha quindi deciso che il Tribunale di Francoforte avrebbe dovuto far partire il processo. Franco A. è ora accusato principalmente di aver pianificato un attentato terroristico false flag il cui obiettivo potevano essere l’allora ministro della Giustizia Heiko Maas, oggi titolare degli Esteri, la vicepresidente del Bundestag Claudia Roth, deputata dei Verdi, o la direttrice della fondazione Amadeu Antonio, Anetta Kahane. L’accusa prevede un’eventuale pena fino a 10 anni.
La scintilla del dossier Rechtextremismus nell’esercito
Dalla scoperta del caso Franco A. all'apertura del processo a suo carico sono successe molte altre cose. Un susseguirsi di eventi che è andato molto al di là del singolo procedimento per terrorismo contro l’ex tenente. Durante l’analisi del cellulare di Franco A. è emersa la sua frequentazione attiva di ambienti etno-nazionalisti e la sua partecipazione a chat di estrema di destra e prepper, come il cosiddetto “Hannibal Netz” (sospettato di potenziali attività eversive) o il network che ruota intorno all’associazione militare tedesca Uniter (attualmente sotto osservazione dall’Ufficio per la Protezione della Costituzione, BfV, ossia l'agenzia di intelligence interna della Germania).
Con un seguito di giornalisti, Ursula von der Leyen si è recata proprio nella caserma di Illkirch per supervisionare un’ispezione volta a scoprire la presenza di materiale di estrema destra e neonazista
Nel maggio 2017 l’allora ministra della Difesa tedesca, Ursula von der Leyen, ha reagito in maniera decisa e spettacolare al caso del tenente dalla doppia vita. Con un seguito di giornalisti, von der Leyen si è recata proprio nella caserma di Illkirch per supervisionare un’ispezione volta a scoprire la presenza di materiale di estrema destra e neonazista, a partire da memorabilia della Wehrmacht. Materiale che è stato rinvenuto, così come in diverse altre caserme. In questo contesto è anche arrivata la dichiarazione di von der Leyen secondo cui la “Bundeswehr ha un’idea sbagliata dello spirito di corpo” e “un problema di attitudine, quindi un problema di comando su vari livelli”. Dure critiche alla Bundeswehr sono poi giunte dal mondo politico per la già citata mancata segnalazione di Franco A. al MAD dopo il caso della sua tesi di laurea. A partire dal caso Franco A. si è così aperta una stagione in cui l’infiltrazione e la diffusione dell’estremismo di destra nell’esercito sono diventate un tema sempre più apertamente dibattuto in Germania. Sono stati scoperti e resi pubblici network, gruppi, chat di estrema destra che coinvolgevano membri della polizia, dell’esercito e della stessa intelligence. Il MAD ha iniziato a occuparsi molto di più del dossier della destra radicale nelle caserme, aprendo anche maggiormente alle segnalazioni interne. Quando nel 2019 von der Leyen ha poi lasciato il ministero della Difesa per la nomina a presidente della Commissione europea, a sostituirla è arrivata Annegret Kramp-Karrenbauer. Con l'attuale ministra della Difesa, il dossier dell'estrema destra nella Bundeswehr è diventato ancora più chiaramente (geo)politico. La questione ha assunto la forma di una rimodulazione dei rapporti delle istituzioni tedesche con un soggetto militare rimasto per decenni in disparte. L’hard-power liberaldemocratico di Berlino vuole oggi bonificare la Bundeswehr dai segmenti estremisti di destra prima di assegnarle un ruolo ben più importante negli equilibri di potere della Germania. Questo passaggio è divenuto plateale nel luglio 2020, quando Kramp-Karrenbauer ha annunciato il parziale smantellamento e la ristrutturazione del commando forze speciali dell'esercito (KSK), più volte travolto da scandali per l'infiltrazione di estremisti di destra tra i propri ranghi. Nel novembre successivo, la ministra della Difesa ha poi deciso di destituire il direttore dello stesso MAD, Christof Gramm, per sostituirlo successivamente con Martina Rosenberg, prima donna a guidare un'agenzia d'intelligence nella storia della Germania.
L’hard-power liberaldemocratico di Berlino vuole oggi bonificare la Bundeswehr dai segmenti estremisti di destra prima di assegnarle un ruolo ben più importante negli equilibri di potere della Germania.
Processo dall'esito incerto
Il processo di Francoforte contro Franco A. dovrebbe durare fino ad agosto e l’esito resta incerto. L’ex tenente, che ha più volte parlato con media tedeschi e internazionali (incluso il New York Times), si dichiara da sempre innocente rispetto all’accusa di terrorismo. L’uomo non nega di essersi spacciato per rifugiato siriano, ma dichiara di averlo fatto per condurre un’indagine volta a dimostrare le falle del sistema di asilo della Germania. In merito alle liste di politici e attivisti, l’ex militare afferma che si trattava di semplici appunti personali. In merito ad armi e munizioni, A. si presenta sostanzialmente come un militare prepper senza però progetti violenti. Cruciale resta tuttavia il passaggio della pistola nascosta a Vienna, su cui l’accusato non ha risposte credibili, ma su cui anche gli inquirenti non si sono fino ad oggi espressi con un’ipotesi definitiva. Nessuno ha ancora davvero capito perché quell'arma fosse nascosta in un posto così controllato come l’aeroporto internazionale di Vienna.
Sul fronte delle perizie psichiatriche, che in un caso del genere vengono ovviamente considerate con serietà, l’uomo non è stato mai dichiarato incapace di intendere o di volere.
Molti degli osservatori che hanno letto le carte del processo sembrano sostanzialmente concordare sul fatto che tutti gli elementi del caso fossero così allarmanti da rendere a dir poco inevitabile l'intervento della Procura Federale per terrorismo. Al tempo stesso, diverse prove del processo potrebbero rivelarsi soprattutto indiziarie.
Per ora, c’è un'unica certezza: comunque vada a finire, il processo contro Franco A. assumerà nuovamente un particolare significato nel dibattito sulla penetrazione dell’estremismo di destra nella Bundeswehr.
Twitter: @Lorenzomonfreg
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