La politica estera della CDU e gli scandali del KSK
Come si muoveranno nel mondo i cristiano-democratici nel dopo-Merkel? E perché le forze speciali dell'esercito sono in "libertà vigilata"?
Alla soglia di un cambio di governo importante, dopo 16 anni di governo Merkel, quali sono le prospettive dell'Unione cristiano-democratica in politica estera? Come e con chi intende allearsi e dove rivolgerà la sua attenzione? Ce lo racconta Uski Audino. Intanto lo scandalo delle munizioni fa riesplodere il caso del Comando forze speciali dell’esercito, reparto infiltrato dai neonazisti. L’onda d’urto colpisce i vertici del ministero della Difesa. Sulla questione indaga Francesco De Felice.
La politica estera della Cdu. Interessi economici e attenzione “alla porta di casa”
Uski Audino
Qual è la proiezione della Germania nel mondo secondo la principale forza conservatrice tedesca, l'Unione Cdu-Csu? Quando la cancelliera Angela Merkel parla di una maggiore responsabilità della Germania, cosa intende?
Proviamo a rispondere sulla base di tre indizi: il Positionspapier della Cdu-Csu sul partenariato transatlantico, il discorso di Angela Merkel alla recente Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 19 febbraio scorso e una lunga e approfondita intervista al nuovo presidente della Cdu Armin Laschet, pubblicata l'8 febbraio scorso da Internationale Politik.
All'indomani del passaggio di consegne alla Casa Bianca a gennaio, l'Unione Cdu-Csu ha reso noto un documento che illustra come intende rafforzare il partenariato transatlantico con gli Usa, definiti “il più importante partner della Germania dopo l'Europa”. Nel documento non si parla solo di Usa ma di quali sono le proiezioni della Germania sul piano internazionale: rapporti con la Cina, con la Russia, la Nato e la Difesa europea, intesa come Pesco, la cooperazione strutturata permanente.
“La Cina vuole trasformare un ordine internazionale basato su regole e valori in un ordine mondiale sinocentrico”
“La Cina vuole trasformare un ordine internazionale basato su regole e valori in un ordine mondiale sinocentrico” e per farlo non esita ad usare lo strumento militare, si legge nel documento della Cdu-Csu. In questo ambito servono risposte coordinate con gli Usa, quindi è necessaria una politica atlantica verso la Cina per “portare il paese asiatico ad adempiere le regole e gli standard internazionali” e rispettare un accesso al mercato che sia paritario e speculare. L'Unione conservatrice torna quindi a collocarsi dichiaratamente sotto la protettiva coperta Usa, mettendosi in scia “senza se e senza ma”.
Nell'intervento alla Conferenza di Monaco Merkel sembra smarcarsi dal Positionspapier dei colleghi di partito ultra-atlantisti, pur avendo davanti non un interlocutore qualunque ma il presidente Usa Joe Biden. “La Cina è da una parte un concorrente sistemico” ma “dall'altra abbiamo bisogno della Cina per la soluzione di problemi globali, come sui temi della diversità della specie o della protezione del clima” ha detto la cancelliera. Non si può non trattare in autonomia con la Cina, sostiene. Il neo-presidente Laschet, che rappresenta la Cdu del futuro come possibile candidato alla cancelleria nel post-Merkel, chiarisce meglio le parole della Bundeskanzlerin e mette nero su bianco l'ambiguità in cui si muove la Germania rispetto alla Cina. “Il comportamento verso la Cina è ambivalente”, dice nell'intervista di Andreas Rinke. “Da una parte dobbiamo vederla come un concorrente geo-strategico e come un concorrente sistemico” dall'altra però è innegabile un importante scambio con il paese asiatico sul piano economico e scientifico: c'è Duisburg, come punto di arrivo della via della Seta, e ci sono almeno tre Länder (Bassa Sassonia, Baviera e Baden-Wuerttemberg) per cui la Cina è un “enorme mercato”, per l'industria dell'auto tedesca ad esempio. Naturalmente c'è la questione della violazione dei diritti umani, “che non bisogna smettere di criticare”, con riferimento agli Uiguri, dice Laschet. Difficile non cogliere la sfumatura che indica come questo rimarrà un tema subordinato, a probabile uso e consumo dell'opinione pubblica tedesca.
Del resto nei confronti della potenza asiatica a parlar chiaro sono stati i fatti: la chiusura dopo sette anni dell'accordo Eu-Cina, il Cai o Comprehensive Agreement on Investment, proprio sotto la presidenza tedesca del semestre europeo e a pochi giorni dall'entrata in carica della nuova amministrazione Biden. Il che significa che c'è l'interesse dell'Europa e in primis della Germania ad avviare un canale di trattativa autonomo dagli Usa. A maggior ragione perché i vantaggi economici dell'accordo, suggerisce Faz, sono stati limitati. Lo sottolineano anche le due grandi associazioni di categoria tedesche - la Bdi – l'associazione federale delle industrie tedesche da una parte e la Dhik – la Camera di commercio e industria tedesca. Il successo è tutto politico-diplomatico e dunque strategico. Attraverso le nuove regole – si spera – si produrranno nuove condizione di competitività.
Russia
Nel documento della Cdu-Csu la Russia è definita “un rivale sistemico per l'Europa” e una “crescente minaccia militare” che si serve delle violazione del diritto internazionale, dell'aggressione militare, e dei cyber-attacchi per estendere la sua sfera di interesse. La Russia dunque è vissuta come minaccia con cui è necessario però “cercare di collaborare e dialogare” insieme agli Usa. Soprattutto sui temi della soluzione del conflitto nell'Est dell'Ucraina e nello scambio economico ed energetico, vedi alla voce Nord Stream 2.
“La mia formazione adenaueriana è – dice Laschet - essere profondamente radicati ad ovest e agli Usa come nostri partner più stretti fuori dall'Europa e da questa posizione cercare una forte comprensione con gli altri”
La posizione di Laschet, definito dai detrattori come “quello che capisce la Russia”, non è molto diversa dai filo-atlantisti del suo partito: “La mia formazione adenaueriana è – dice Laschet - essere profondamente radicati ad ovest e agli Usa come nostri partner più stretti fuori dall'Europa e da questa posizione cercare una forte comprensione con gli altri”. Niente “equidistanza” quindi. La Russia, secondo Laschet, va criticata per tutti i motivi che i tedeschi ben sanno: annessione della Crimea, sostegno all'instabilità in Ucraina, detenzione di Navalny e spionaggio, ma d'altra parte bisogna mantenere aperto il dialogo, tanto più che storicamente “la Germania ha importato gas dall'Unione Sovietica anche nei periodi più aggressivi della Guerra Fredda”.
L'accento tranchant sulla Russia di Joe Biden alla Conferenza di Monaco, che ha definito il paese di Vladimir Putin "una minaccia per le nostre democrazie", non è raccolto da Merkel. Intervenendo dopo Joe Biden ha sottolineato come la Russia “continui a coinvolgere gli Stati membri dell'Unione in conflitti ibridi” che rendono necessaria “un'agenda transatlantica europea che da una parte includa un'offerta di collaborazione e dall'altra riconosca anche chiare differenze”.
Politica di vicinato
Per Merkel e Laschet un rilievo particolarmente importante ha la politica di vicinato, la Nachbarschaftspolitik. E' su questo terreno che può essere più forte l'assunzione di responsabilità da parte della Germania. In un intervento che miri alla stabilizzazione politica, preferibilmente non nello stile degli Usa in Libia nel 2011 - “troppi interventi con l'obiettivo 'regime change' sono falliti negli ultimi vent'anni” precisa Laschet nell'intervista. Libia, nord Africa, Siria e Balcani “sono paesi che si trovano di fronte alla porta di casa dell'Unione europea e il cui sviluppo ci tocca in modo molto particolare” ha ricordato Merkel alla Conferenza di Monaco. Ed è in questa area che è cresciuto e vuole crescere ancora l'impegno di Berlino. In Libia “la Germania ha assunto una maggiore responsabilità diplomatica” ed è questa la strada tracciata verso l'impegno maggiore che ha assunto e deve assumere il paese. Per il momento questa sembra anche la direzione intrapresa dal suo successore alla Cdu. “Dobbiamo rafforzare la politica di vicinato della Ue” nei confronti dei paesi che confinano con l'Europa, dice il neo-presidente della Cdu. E questo significa nella pratica fare entrare nella Ue presto i paesi dei Balcani che soddisfano i criteri di ingresso (superando le resistenze francesi), mentre la Turchia non è pronta e “le sue prospettive di ingresso si allontanano ancora”, dice Laschet aggiungendo che invece per l'Ucraina “al momento la domanda non si pone”.
Per Merkel e Laschet un rilievo particolarmente importante ha la politica di vicinato, la Nachbarschaftspolitik.
Nei confronti dell'integrazione europea, il concetto di “più Europa” per Laschet può significare soltanto un maggiore coordinamento sul piano della politica Estera e di Difesa. Per far questo “bisogna abbandonare un passo per volta le decisioni all'unanimità”. Il modello di integrazione è quello contenuto nel Trattato franco-tedesco di Aquisgrana. Si, certo, è un modello di Europa a due velocità “ma è già così da tempo nell'eurozona”, ricorda il presidente della Cdu, e il modello di PESCO, la cooperazione strutturata permanente nel settore di Sicurezza e Difesa, “lo prevede”. L'eurobudget in questa prospettiva è, secondo il presidente dei conservatori, una misura una tantum. Sull'eurobudget “ho delle perplessità” ha detto “ed è la vecchia opposizione già dal tempo di Kohl e Mitterand”. Inutile su questo punto farsi troppe illusioni di cambiamento.
IL KSK: tra neonazisti in uniforme e munizioni che scompaiono
Francesco De Felice
Una villetta con giardino, come ce ne sono tante in Germania, nella cittadina di Collm in Sassonia. Tra quelle mura, vive un militare dell'esercito tedesco, ma non come ce ne sono tanti. È un soldato del Comando forze speciali (KSK), reparto d'élite della Bundeswehr con compiti di azioni in profondità, ricognizione, antiterrorismo e liberazione di ostaggi. Tuttavia, ciò che rende veramente speciale il militare è il fatto che, nel proprio giardino, ha nascosto un arsenale: un Kalashnikov AK 47, diversi chili di munizioni di vario calibro e due di tetranitrato di pentaeritrite (Petn), base per la fabbricazione di esplosivi plastici. Il materiale è risultato sottratto ai depositi del KSK, la cui sede è a Calw in Baden-Württemberg. Per questo motivo il soldato viene arrestato il 13 maggio 2020. L'operazione è coordinata dal Servizio federale per il controspionaggio militare (MAD), tra le cui competenze rientrano prevenzione e repressione di ogni forma di estremismo nella Bundeswehr. Questo è soltanto il penultimo dei diversi scandali che hanno coinvolto il KSK a causa degli estremisti di destra tra i propri ranghi. La vicenda ha una rilevanza particolare, poiché ha innescato un terremoto le cui scosse fanno tremare i vertici del reparto e si ripercuotono fino ai piani più alti del ministero della Difesa tedesco.
Secondo il rapporto sulla Bundeswehr per il 2020, pubblicato il 23 febbraio scorso, sono 477 i sospetti estremisti di destra nelle caserme della Germania
Durante il processo in corso al tribunale statale di Lipsia a carico del militare arrestato a Collm non sono emerse prove dell'esistenza nel KSK di un'organizzazione di estremisti di destra pronti a compiere attentati. La preoccupazione era elevata, data l'infiltrazione dei sostenitori della destra radicale nella Forze armate tedesche. Secondo il rapporto sulla Bundeswehr per il 2020, pubblicato il 23 febbraio scorso, sono 477 i sospetti estremisti di destra nelle caserme della Germania, in aumento dai 363 del 2019. Tuttavia, le polemiche che circondano la Bundeswehr non si arrestano. In particolare, il KSK torna protagonista in una vicenda strettamente legata al ritrovamento delle munizioni a Collm. Uno scandalo che rischia di decapitare il reparto formato nel 1996.
A margine del processo di Lipsia, il 19 febbraio scorso, sono emerse quelle che potrebbero essere gravi responsabilità del comandante del KSK, il generale di brigata Markus Kreitmayr. L'alto ufficiale avrebbe, infatti, tollerato che i propri subordinati riconsegnassero in forma anonima e senza incorrere in punizioni le munizioni sottratte al reparto. Il ministero della Difesa ha dovuto ammettere di essere a conoscenza di tale prassi, continuata mentre era in corso il processo di riforma del KSK, avviato a luglio scorso per epurare il reparto dall'infiltrazione della destra radicale. La deflagrazione dello scandalo delle munizioni potrebbe portare alla destituzione di Kreitmayr dal comando, assunto nel 2018. Al riguardo, la ministra della Difesa tedesca, Annegret Kramp-Karrenbauer, ha dichiarato di aspettarsi una decisione nella prossima settimana da parte del general maggiore Andreas Hannemann, al comando della Divisione forze rapide (DSK) da cui dipendono tutti i reparti speciali della Bundeswehr. Oltre le questioni disciplinari emerge l'aspetto politico della vicenda. Viene, infatti, messa in dubbio la coerenza di Kreitmyar nel suo impegno per la riforma del KSK. In un messaggio alle proprie truppe, inviato il 26 maggio scorso a seguito della scoperta dell'arsenale clandestino di Collm, il generale aveva annunciato una politica di tolleranza zero contro gli estremisti di destra nei ranghi del proprio reparto, accusandoli di aver danneggiato la reputazione di ogni singolo militare del KSK. A causa degli esponenti della destra radicale, aveva denunciato Kreitmayr, l'unità attraversa “la fase più difficile” della sua storia. Il comandante del KSK aveva proseguito: “Nel mezzo della nostra comunità vi erano e vi sono ancora ovviamente individui che possono essere assegnati alla cosiddetta scena di destra”. Per Kreitmayr, questi militari devono essere radiati perché “per la loro mancanza di lealtà alla Costituzione e il sostegno alle ideologie della destra radicale, hanno tutti causato un danno enorme alla reputazione del KSK, delle Bundeswehr nel suo insieme, ma anche a ciascuno di noi personalmente”.
dal suo insediamento alla Difesa nel 2019, Kramp-Karrenbauer “non si è mai trovata in una posizione tanto precaria”
Tuttavia, non è soltanto Kreitmayr a essere investito dallo scoppio dello scandalo delle munizioni. L'onda d'urto ha raggiunto anche Kramp-Karrenbauer, che ha fatto del contrasto all'estremismo di destra nella Bundeswehr e della ristrutturazione del KSK una delle priorità del proprio mandato. Su tale azione, il ministro della Difesa tedesco ha puntato molta della propria credibilità, tanto da affermare di voler ripulire il Comando forze speciali dell'esercito con una “scopa di ferro”. Per il quotidiano Süddeutsche Zeitung, dal suo insediamento alla Difesa nel 2019, Kramp-Karrenbauer “non si è mai trovata in una posizione tanto precaria” come ora che ha dovuto ammettere pubblicamente gli errori del proprio dicastero nel caso delle munizioni del KSK. Nella riforma del reparto, il ministro della Difesa ha di fatto perso il sostegno di Kreitmayr, delegittimato dai sospetti che lo circondano. Ad aggravare la situazione, le schegge dello scandalo hanno investito anche l'ispettore generale della Bundeswehr Eberhard Zorn, ossia il capo di Stato maggiore della Difesa. Zorn ha, infatti, dovuto dichiarare di aver cancellato dal rapporto sul KSK inviato al Bundestag le informazioni sulla questione delle munizioni. L'ispettore generale della Bundeswehr ha quindi ammesso “con chiarezza di aver compiuto un errore, dalla prospettiva odierna”, secondo quanto affermato da Kramp-Karrenbauer.
Gli omissis di Zorn gettano un'ombra sullo strumento militare tedesco e sulle sue capacità di riformarsi, facendo i conti con un passato che pare non voler passare. Quelle cancellature si caricano di ulteriore significato se si considera che l'ispettore generale della Bundeswehr è tra i primi responsabili della ristrutturazione del KSK. Una riforma che intende porre la parola fine alla cultura del silenzio sull'estrema destra nelle Forze armate tedesche ed epurare dai neonazisti i reparti, a cominciar dall'élite del Comando forze speciali dell'esercito. All'origine vi sono teste di maiale lanciate in aria, nazirock a tutto volume, militari in servizio che fanno il saluto hitleriano e una escort. È lo scenario della festa tenuta nel 2017 dalla seconda compagnia del KSK per il congedo dell'allora capitano comandante. Questo è lo scandalo alle origini della ristrutturazione del reparto, a cui la scoperta dell'arsenale di Collm ha impresso una decisa accelerazione. La proposta di riforma del KSK è stata oggetto di un primo rapporto provvisorio, inviato dal generale Zorn al Bundestag il 3 novembre scorso.
Zorn ha dovuto dichiarare di aver cancellato dal rapporto sul KSK inviato al Bundestag le informazioni sulla questione delle munizioni
In primo luogo, il documento chiarisce che una decisione definitiva sul futuro del KSK, in bilico tra ristrutturazione e scioglimento con successiva ricostituzione, non verrà assunta prima di giugno prossimo. Nel frattempo, il reparto rimane pronto a operare, sebbene la sua sopravvivenza sia “incerta, ma probabile”. Tuttavia, continua a essere in vigore la decisione assunta dalla Difesa nella scorsa estate di escludere il KSK dalle esercitazioni internazionali e dalla collaborazione con alleati e partner della Germania. Gli sviluppi futuri dipenderanno dalla capacità del Comando forze speciali dell'esercito di ottenere un “miglioramento generale” nell'autodifesa dall'infiltrazione della destra radicale. A tal fine, l'addestramento dovrà essere subordinato a una “comprensione contemporanea” del concetto di comando.
In merito alla questione delle munizioni, il rapporto evidenzia che dai depositi del KSK risultano scomparsi 77 mila proiettili e 62 chilogrammi di esplosivo. Il materiale è stato in parte ritrovato presso distaccamenti del reparto impegnati in operazioni all'estero. Inoltre, per la maggior parte, la scomparsa di cartucce ed esplosivi è imputabile a “errori di registrazione”. Tali “gravi negligenze a vari livelli” saranno oggetto di provvedimenti disciplinari. Intanto, il 31 luglio scorso, è stata sciolta la seconda compagnia del KSK, quella della festa delle teste di maiale. L'unità è, infatti, risultata la più infiltrata dagli estremisti di destra e la più refrattaria a collaborare alla ristrutturazione del KSK. Tuttavia, vi è ottimismo per il futuro. Nel suo rapporto, Zorn ha infatti affermato che il personale ha “accettato la sfida” della lotta all'estrema destra, affrontandola “con impegno ed energia”. All'interno del KSK si osservano “professionalità e determinazione incoraggianti” nell'epurazione della destra radicale. L'obiettivo è far sì che il reparto possa “riassumere un ruolo operativo più forte nel primo trimestre del 2021”. Tuttavia, “parte” del Ksk rimane “riservata e scettica” in merito al processo di riforma.
una decisione definitiva sul futuro del KSK, in bilico tra ristrutturazione e scioglimento con successiva ricostituzione, non verrà assunta prima di giugno
La ristrutturazione prevede una sorveglianza nettamente maggiore da parte della Difesa sul KSK, che verrà privato della propria indipendenza di fatto nell'addestramento, nella cultura del comando e nell'amministrazione dei materiali. La formazione operativa verrà affidata al Centro di addestramento della fanteria, con sede ad Hammelburg in Baviera. Per il KSK, ciò significa che la supervisione tecnica e il reclutamento saranno sotto il controllo di ufficiali esterni. In tale contesto, comandanti di compagnia e sergenti del KSK hanno già preso parte a corsi di formazione avanzata sulla concetto moderno di comando. Al fine di rompere l'autoisolamento che ha distinto il KSK, il personale dovrà obbligatoriamente ruotare in altre unità. In particolare, potranno assumere compiti di comando esclusivamente quanti hanno prestato servizio anche altrove. I comandanti saranno soggetti a una permanenza nell'incarico di massimo tre anni. A loro volta, i sergenti non potranno restare nel KSK per più di cinque anni. La rotazione coinvolge anche le compagnie operative, i cui effettivi ruoteranno tra i singoli reparti. In questo modo, “si rafforzerà lo scambio di personale tra le compagnie senza diminuire la professionalità”. Dopo ufficiali e sergenti, il resto della truppa non potrà prestare servizio nel KSK per più di otto anni. Inoltre, ai militari verranno offerti da quest'anno corsi di addestramento in Stati parte della Nato o in paesi partner della Germania. L'obiettivo è rompere l'autoisolamento del KSK e impedire che, con la loro permanenza nel reparto, ufficiali e sottufficiali possano influenzare l'orientamento politico della truppa. La riforma del KSK mira, infine, a “demistificare” il reparto e a “rafforzarne la comprensione della tradizione”. Tutti obiettivi la cui marcia pare attraversare un campo minato mentre, come ha avvertito Kramp-Karrenbauer, il KSK rimane “in libertà vigilata”.
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