La pandemia di coronavirus ha dimostrato i limiti della Germania in quella gestione delle crisi che è la cifra distintiva della cancelliera Angela Merkel. Per eccesso di prudenza, per garantire la struttura economica, per i limiti del federalismo, il paese ha attraversato negli ultimi mesi scenari simili a quelli osservati in Italia durante la prima ondata di Covid-19.
Con Alessandro Ricci approfondiremo, numeri alla mano, i limiti della risposta tedesca alla pandemia. Con Uski Audino scopriremo l'alternativa “ZeroCovid”. Francesco De Felice ci racconterà invece il mondo dei negazionisti Covid e le sue conseguenze.
Das deutsche Versagen
Alessandro Ricci
Quando si parla di Covid-19 se c’è un paese che in Italia viene spesso guardato come modello di rigore ed efficienza, quello è la Germania. Se c’è una leader che in Italia viene vista con ammirazione, quella è Angela Merkel. Per questo il discorso tenuto dalla Kanzlerin al Bundestag l'11 febbraio, dove fa un mea culpa sulla strategia Covid, ha un valore non solo per la Repubblica Federale, ma anche per il nostro paese. Se grazie a un insieme di concause la Germania era riuscita a sfuggire alla tremenda tragedia che ha colpito l’Italia durante la prima ondata, lo stesso non è stato per la seconda.
Già a novembre 2020 era evidente la scarsa capacità di programmazione sia del governo tedesco, sia dei Länder, che hanno la competenza per la sanità. Con una curva dei contagi abbastanza simile a quella italiana, la Germania si limitava alla chiusura di ristoranti, bar e attività ludiche. Angela Merkel spinse e alla fine, piuttosto in ritardo, ottenne quello che voleva: chiusure generale. Tuttavia, la strategia tedesca, di Merkel e degli Stati federati, metro di paragone per il fu governo Conte II, stava per rivelarsi un disastro.
Nel solo mese di dicembre, i morti per/con Covid-19 avevano superato quelli da marzo a fine novembre. Alla conclusione di dicembre si registrava una mortalità più alta del 24% rispetto agli anni precedenti, con picchi di oltre 1.000 decessi al giorno per/con Covid-19. Il 16 dicembre veniva introdotto un lockdown duro: chiusura di tutti i negozi, bar, ristoranti e qualsiasi attività ricreativa. Allo stesso tempo, alla cittadinanza veniva comunque consentito di incontrarsi all'aperto o in privato, seppure con limiti stringenti. Tuttavia, la lunga coda di morti è durata fino alla metà di gennaio del 2021. Dall'1/11 all'11/02 è la Germania ha avuto 1.686.869 casi e 53.891 decessi, con un tasso di mortalità del 3,2%. Nello stesso periodo, l’Italia ha avuto 1.974.068 casi e 53.903 morti, con un tasso del 2,7%.
I centri per la cremazione che non riuscivano più a prendere feretri in carico dovevano trasferirli altrove in Germania o in altri paesi. Tuttavia, a differenza dell’Italia, a muovere le salme sono stati dei furgoni privati e non mezzi delle forze armate. L'obiettivo era evitare “l’effetto “Bergamo”.
Secondo una proiezione pubblicata il 9 febbraio dall'Ufficio federale di statistica, a gennaio sono morte 103.804, il 18 per cento in più rispetto alla media dello stesso mese dei quattro anni precedenti. Ciò è dovuto a un aumento dei decessi nella fascia di età superiore agli 80 anni. In questo caso, il numero è aumentato del 29%. La variazione nella mortalità è stata tanto più evidente in Sassonia, dove si raggiungeva un’incidenza ben superiore ai 500 casi per 100.000 abitanti, con punte di 1.000. Nel Land, i centri per la cremazione che non riuscivano più a prendere feretri in carico dovevano trasferirli altrove in Germania o in altri paesi. Tuttavia, a differenza dell’Italia, a muovere le salme sono stati dei furgoni privati e non mezzi delle forze armate. L'obiettivo era evitare “l’effetto “Bergamo”.
Per spiegare l’alta mortalità negli anziani si può fare riferimento alla bassa attenzione posta dalle autorità e dalle istituzioni sanitarie all’utilizzo di dispositivi di protezione all’interno delle RSA. L'impiego delle mascherine in queste strutture è andato in ordine sparso, specialmente per le FFP-2. Come testimonia A.F., fisioterapista italiana a Berlino, le mascherine venivano evitate “per non spaventare i pazienti”. Proprio nella RSA di A.F, nel quartiere di Friedrichshain, si è sviluppato un focolaio che ha portato alla morte di 6 persone. Il numero relativamente esiguo di decessi è considerato un colpo di fortuna. Lo stesso non si può dire di altre strutture costantemente nelle cronache dei quotidiani tedeschi, con numerosi decessi e parenti dei defunti sul piede di guerra. La situazione era talmente critica che gli infermieri positivi asintomatici venivano fatti lavorare nei reparti delle RSA con infetti.
Nonostante il quadro generale sia notevolmente migliorato e l’incidenza settimanale si attesti su scala nazionale a 67,2 casi per 100.000 abitanti, la mortalità settimanale rimane ancora alta, a 6,8 morti per 1 milione di abitanti (in Italia 5,7), in base ai dati di ieri, 12 febbraio. Tuttavia, va ricordato che per diverse settimana la Germania ha registrato picchi di decessi a quattro cifre. A questo bisogna aggiungere che le varianti preoccupano notevolmente il governo federale. Solo qualche settimana fa, Berlino ha visto 2.000 persone in quarantena a causa di un focolaio in un ospedale. Da ieri, una delle più grandi cliniche del quartiere di Spandau non accetta più ricoveri a causa di un focolaio della mutazione B117. Tutto ciò che in Italia era dato per scontato per esperienza pregressa, le misure nelle RSA, le mascherine obbligatorie etc., sembra non essere arrivato alle orecchie della catena decisionale di Berlino.
Tutte le misure che avrebbero potuto rallentare o addirittura impedire lo sviluppo della seconda ondata in Germania non sono state attuate né per tempo né con decisione.
Tutte le misure che avrebbero potuto rallentare o addirittura impedire lo sviluppo della seconda ondata in Germania non sono state attuate né per tempo né con decisione. L'App Corona Warn ha fatto la stessa fine di Immuni, cadendo nel dimenticatoio. La popolazione non ha ricevuto numeri sufficienti di mascherine, tanto meno FFP-2. Soltanto a metà gennaio è stato introdotto l'obbligo di indossare i modelli chirurgici o le FFP-2 sui mezzi pubblici e nei negozi, vietando quelli in stoffa.
Il fatto che le case di riposo e di cura debbano essere protette con tutti i mezzi disponibili è ampiamente noto dalla scorsa primavera anche grazie all’esperienza italiana. Tuttavia, i battibecchi sui fondi necessari per passare dalla teoria alla pratica continuano ancora oggi. I test rapidi sono sul mercato dall'inizio dell'estate, ma lo Stato non ha proposto una distribuzione di massa, impegnandosi semplicemente a riservare alcuni stock alle case di riposo. Il resto è stato lasciato al libero mercato, con prezzi che sono ben lontani da quelli del Lazio, dove i test rapidi hanno un prezzo calmierato di 22€. Le agenzie sanitarie, le cui capacità di rintracciamento sono state identificate come il fattore centrale per imporre o allentare le chiusure, lottano con carenze di personale e problemi tecnici. Nemmeno l’intervento della Bundeswehr è riuscito a risolvere queste criticità.
“Entro il 15 dicembre saremo pronti per iniziare la vaccinazione di massa”…“stiamo aspettando solo il via libera dall’Ue”
In concomitanza, con il periodo buio della crisi Covid, partiva in pompa magna l’annuncio governativo delle vaccinazioni. “Entro il 15 dicembre saremo pronti per iniziare la vaccinazione di massa” e ancora “stiamo aspettando solo il via libera dall’Ue”, arrivato poi il 23 dicembre. Albrecht Brömme, direttore della campagna di vaccinazione a Berlino e capo della THW, l’equivalente della Protezione Civile, il giorno della visita della stampa assicurava: “qui nel centro Arena Berlin faremo 4.000 vaccinazioni quotidianamente e in tutta la città di Berlino arriveremo a 20.000.” Tuttavia, evidentemente Herr Brömme non aveva fatto i conti con i problemi che si sarebbero presentati e con quello che i quotidiani tedeschi, tra i quali Bild con i suoi titoli a caratteri cubitali, hanno chiamato Das deutsche Versagen, il fallimento tedesco. Fallimento che secondo l’emittente televisiva ZDF si può riassumere in “troppo poco, troppo lento, troppo tardi” e che diversi analisti attribuiscono a due responsabili. Da un lato, vi è il ministro della Salute Jens Spahn. Dall'altro, la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen, già ministro della Difesa tedesco (con una serie di scandali alle spalle e non proprio apprezzata dalla stampa per le sue capacità), con la sua strategia per l'approvvigionamento dei vaccini. Nonostante la Germania sia stato il primo paese a iniziare la campagna vaccinale nel momento in cui scriviamo sono state somministrate 3.669.118 dosi, con 2.490.423 di persone che hanno ricevuto la prima e 1.178.725 anche la seconda. Per fare un paragone, l’Italia ha somministrato 2.842.172 dosi, 1.582.968 individui hanno ricevuto solo la prima dose, 1.259.204 anche la seconda. Due strategie differenti, dove nel caso italiano si sta puntando più sul completamento del ciclo vaccinale anche a causa del problema europeo di approvvigionamento. La Germania ha un terzo in più della popolazione italiana.
Intanto, il 10 febbraio, Angela Merkel ha annunciato un prolungamento del lockdown fino al 7 marzo. Una proroga che viene vista da diversi quotidiani come un vero e proprio fallimento e che è stata contestata, in particolare dal Partito liberaldemocratico (FDP) che puntava ad una strategia regionale per il contenimento della pandemia, modellata su quella italiana. Almeno secondo parte della stampa, questo fallimento è dovuto un’incapacità di programmazione. Per Der Spiegel, quell'Angela Merkel che ha sempre lavorato bene in situazioni di crisi, come in quella dei rifugiati del 2015, sembra non riuscire ad abbandonare questa modalità. La risposta al problema complesso di come uscire dalla più grande crisi dal dopoguerra è la chiusura. Per Süddeutsche Zeitung il mito dell’infallibilità e precisione tedesca è fallito. E resta il fatto che la Germania sembra incapace di elaborare una strategia per l’allentamento delle restrizioni.
Angela Merkel che ha sempre lavorato bene in situazioni di crisi, come in quella dei rifugiati del 2015, sembra non riuscire ad abbandonare questa modalità.
Der Spiegel non risparmia nulla a Merkel, quando ne critica l’immobilismo: “Nulla di ciò che avrebbe potuto affiancare le misure di chiusura e le regole di allontanamento sociale come strumenti utili per affrontare la pandemia è stato preso in mano dalla Cancelliera. È intervenuta sull'acquisizione dei vaccini solo quando era ormai troppo tardi. Alcuni dei vertici che non hanno mai avuto luogo avrebbero potuto fallire, mentre altri probabilmente avrebbero prodotto solo risultati a metà. Ma ogni tentativo sarebbe valso la pena. Perché avrebbe indicato il desiderio di fare tutto il necessario. Avrebbe testimoniato la ricerca di una strategia coerente.” Così, il coronavirus potrebbe essere il grande fallimento di Angela Merkel, o almeno lo scalino dove l’infallibilità tedesca e della Kanzlerin sono inciampati, andando ad intaccare la sua eredità. La strategia dell’attendismo in questo caso non ha portato i suoi frutti.
La strategia Zero-Covid
Uski Audino
Ridurre al minimo possibile i contagi: è questo - ridotto all'osso - l'obiettivo a cui punta la Null-covid Strategie o Strategia Zero-covid. A dirlo sembra banale, ma dietro c'è un mondo e le sue pretese nient'affatto campate in aria, se è vero che il documento è planato addirittura sulla scrivania della Bundeskanzlerin. Va detto però che circolano al momento almeno tre articolazioni di questa strategia, con diversi gradi di radicalità. Del resto, come ha ricordato la stessa Angela Merkel rispondendo ai giornalisti: se contenere l'epidemia è un'esigenza oggettiva di uno Stato, se non altro per salvaguardare la capacità operativa del sistema sanitario, tutto il resto rientra nella sfera della decisione politica.
“Il principio guida è ridurre il numero di casi il più rapidamente possibile, poiché questo porta forti benefici per la salute, la società e l’economia” e perché “più a lungo durano le restrizioni, meno saranno efficaci, perché le risorse psicologiche, sociali ed economiche della popolazione si vanno progressivamente esaurendo”.
Tutto è cominciato con la pubblicazione di un paper il 19 dicembre scorso da parte di un pool di scienziati, tra cui la fisica Viola Priesemann, a capo del gruppo di ricerca del Max-Planck di Gottinga sulla teoria dei sistemi neuronali, Christian Drosten del Charité di Berlino, e Melanie Brinkmann, prof. di genetica dei virus alla TU di Braunschweig, anche lei consigliera scientifica del governo tedesco. Una versione rielaborata è comparsa il 21 gennaio sulla rivista scientifica Lancet con il titolo Contain covid-19. A joint statements of scientist from all across Europe. Il paper mette in guardia dal pericolo delle varianti e incoraggia una strategia europea per non tornare al collasso dei sistemi sanitari in mezza Europa. “Contenere e mitigare l’epidemia diventa ancora più difficile con la diffusione di varianti a più alta trasmissibilità” si legge nel paper. “Il principio guida è ridurre il numero di casi il più rapidamente possibile, poiché questo porta forti benefici per la salute, la società e l’economia” e perché “più a lungo durano le restrizioni, meno saranno efficaci, perché le risorse psicologiche, sociali ed economiche della popolazione si vanno progressivamente esaurendo”.
A questo documento si è ispirato il manifesto #ZeroCovid, pubblicato la prima volta il 12 gennaio. Sostenendo la necessità di “uno shutdown europeo solidale” il manifesto - firmato da artisti, teologi, giornalisti e scrittori, naturopati, psicoterapeuti e docenti universitari - coglie al balzo l'occasione generata dalla pandemia per suggerire di mettere in pausa il capitalismo e ridistribuire la ricchezza. “La strategia che mirava a controllare la pandemia (“flatten the curve”) è fallita” si legge nel manifesto, che il 12 febbraio raccoglieva oltre 98.000 firmatari. “Abbiamo bisogno di un cambio radicale di strategia: non più un proseguimento controllato della pandemia ma la sua fine. L’obiettivo non può essere 200, 50 o 25 nuove infezioni – deve essere: 0”. E poi continua: “Per raggiungere questi obiettivi abbiamo bisogno di una pausa solidale di alcune settimane. (…) Dobbiamo sospendere per un breve tempo le attività nei settori non strettamente necessari socialmente. Fabbriche, uffici, imprese, cantieri, scuole devono essere chiuse e l’obbligo del lavoro sospeso. Questa pausa deve durare il tempo necessario per raggiungere gli obiettivi di cui sopra. Importante è che siano i*le lavoratori*lavoratrici stessi*e a decidere e implementare le misure”. A questo fine si propone quindi di tassare i redditi più alti, introdurre la patrimoniale e la tassa sulle transazioni finanziarie.
“Per raggiungere questi obiettivi abbiamo bisogno di una pausa solidale di alcune settimane. (…) Dobbiamo sospendere per un breve tempo le attività nei settori non strettamente necessari socialmente. Fabbriche, uffici, imprese, cantieri, scuole devono essere chiuse e l’obbligo del lavoro sospeso.
La deputata ed ex presidente della Linke Katja Kipping considera il manifesto ZeroCovid “un importante contrappeso alle destre negazioniste del virus e ai querdenker”, ha detto in un'intervista al quotidiano Taz di gennaio. Certo è un obiettivo ambizioso, prosegue Kipping ma “bisogna essere ambiziosi per fare da contrappeso”. La posizione del partito Die Linke sul lockdown è vicina ai sottoscrittori del manifesto: “noi ci battiamo per un lockdown solidale e questo significa che i datori di lavoro hanno il dovere di proteggerci dal contagio e la sicurezza sociale deve migliorare”.
Tra i sostenitori della strategia Null-covid, in una versione più moderata, oltre ai consiglieri scientifici di Angela Merkel ci sono anche economisti di fiducia del governo come il presidente dell'istituto economico Ifo di Monaco Clemens Fuest.Nel paper dell'Ifo, Un nuovo obiettivo proattivo per la Germania nella battaglia contro la SARS-CoV-2, si legge che nel dibattito pubblico “si da l'impressione che gli interessi della salute e dell'economia siano contrapposti” e invece non è così. “È vero che misure di contenimento dure possono causare a breve termine un danno all'economia maggiore della pandemia stessa. Ma a lungo termine questi danni sono economicamente compensati dalla durata più breve delle misure e dalla gestione anticipata della pandemia”.
Jens Spahn “la salute ha il ruolo più importante. Ma non è l'unico. Questo ci distingue dalla strategia Zero-Covid” perché “una politica responsabile deve trovare il giusto bilanciamento tra molti interessi”.
Sollecitata a rispondere sul tema Merkel, il 21 gennaio scorso, ha detto che il governo si orienta a ridurre al massimo l'incidenza dei nuovi contagi. Il valore-guida dei 50 nuovi contagi a settimana su 100.000 abitanti ha una spiegazione: è il numero che gli Uffici sanitari sono riusciti a tenere sotto controllo prima di perdere la capacità di tracciare la catena dei contagi. Ora, la discussione se il tasso di contagio corretto da perseguire è 10 o 50, ricorda Merkel, non è una decisione scientifica ma politica: “non siamo solo responsabili della questione epidemiologica, ma anche di quanto tempo e quali restrizioni possiamo ancora giustificare. Questa è la gamma entro cui ci muoviamo” ha detto con grande saggezza la Cancelliera. Nella strategia del governo, ha spiegato il ministro della Salute Jens Spahn “la salute ha il ruolo più importante. Ma non è l'unico. Questo ci distingue dalla strategia Zero-Covid” perché “una politica responsabile deve trovare il giusto bilanciamento tra molti interessi”. “Come fare uno shutdown europeo? Non vedo come poter allineare i 27 Stati membri a questa strategia” ha proseguito il ministro tedesco in un'intervista a Faz.
L'economista di orientamento socialdemocratico Marcel Fratzscher demolisce la strategia Zero-Covid in tre mosse. “I sostenitori dicono che è possibile e citano come esempi l'Australia, Taiwan, la Corea del Sud ma si tratta di isole o penisole dove è possibile in modo relativamente facile chiudere le frontiere. In un paese come la Germania in mezzo all'Europa è semplicemente impossibile da realizzare, a meno di una strategia no-covid europea” ha detto in un incontro con la stampa straniera la scorsa settimana. “Lo ritengo controproducente anche per un'altra ragione” ha proseguito. “Il lockdown ha provocato massicci danni economici e sociali, soprattutto sociali, a causa della chiusura di scuole e asili, in termini di limitazione delle chance di formazione per i giovani, di violenza domestica, suicidi. Non dobbiamo sottovalutare anche queste conseguenze” ha aggiunto. Infine “ogni strategia può avere successo solo se viene accettata bene dalla popolazione e una strategia zero Covid non avrebbe l'accettazione necessaria della popolazione”.
Quando i negazionisti negano sé stessi
Francesco De Felice
Col suo cielo di ghisa, il 18 novembre 2020 Berlino non era Orano, imbiancata dal sole del Mediterraneo. Eppure, tanto allora quanto oggi, il dilemma “Tutto credere o tutto negare” che il gesuita Pellotoux pronuncia in “La peste” di Albert Camus aleggiava nella capitale della Germania, colpita dalla pandemia di coronavirus come il resto del paese. Non si può sapere quanti tutto credessero. A tutto negare erano accorsi in migliaia, da ogni Land.
Attorno al Reichstag, manifestava quindi la “resistenza” del Volk contro la Coronadiktatur della cancelliera Angela Merkel. Tante le bandiere: da quelle della pace agli stendardi delle antiche monarchie tedesche.
Tra la Porta di Brandeburgo e il Reichstag erano ammassati in 3.000 tra negazionisti del Covid-19 e oppositori delle restrizioni anticontagio. Assenti mascherine, violate le distanze di sicurezza. L'obiettivo: assediare il Bundestag, protetto da un ingente schieramento di polizia, per impedire l'approvazione della terza legge sulla protezione della popolazione. Il provvedimento ha disposto un netto rafforzamento dei poteri dell'esecutivo, che mediante ordinanza può limitare i diritti fondamentali senza riserva del Bundestag. Attorno al Reichstag, manifestava quindi la “resistenza” del Volk contro la Coronadiktatur della cancelliera Angela Merkel. Tante le bandiere: da quelle della pace agli stendardi delle antiche monarchie tedesche. E ancora: bandiere statunitensi e russe in omaggio a Trump e Putin, paladini dell'immaginario sovranista, identitario e anti-establishment. A coronamento, uno striscione con l'aquila degli Stati Uniti che guarda il rapace bicipite dei Romanov. Al centro, una Q fiammeggiante, simbolo della teoria del complotto QAnon. A contornare il tutto, quasi invisibile, il tricolore nero-bianco-rosso del Reich. Questa rapida carrellata descrive il “pensiero laterale” che anima Querdenken, variegato movimento di oppositori delle norme anticontagio e di negazionisti del Covid-19 diffuso in Germania. Fondato da Michael Ballweg, imprenditore di Stoccarda, Querdenken assembla neonazisti, Reichsbürger, sostenitori delle teorie della cospirazione, adepti dei culti esoterici e New Age, seguaci della medicina alternativa, oppositori dei vaccini. Non mancano esponenti, elettori e simpatizzanti di Alternativa per la Germania (AfD).
Una miscela forse pittoresca, ma da non sottovalutare. Su una coppia vicina a Querdenken si indirizzano, infatti, forti sospetti per l'attentato fallito contro un treno ad alta velocità avvenuto presso Schweinfurt, in Baviera, il 6 gennaio scorso. A gettare una luce sinistra sui Querdenker, in cui non mancano quanti rivolgono il proprio “pensiero laterale” agli anni più oscuri nella storia della Germania, un dato allarmante proviene dal ministero dell'Interno tedesco: gli estremisti di destra nel paese legalmente in possesso di armi sono aumentati del 35% su base annua, per un totale di 1.200.
La manifestazione di Berlino del 18 novembre e un'analoga dimostrazione tenuta a Lipsia il 7 dello stesso mese hanno, infatti, funzionato da eventi superspreader del virus. In una sorta di tragicomica nemesi, le due manifestazioni hanno causato tra 16.000 e 21.000 infezioni.
Se il rischio per la sicurezza dello Stato tedesco cammina per ora sottotraccia, è scientificamente dimostrata la pericolosità dei negazionisti del Covid-19 per la salute pubblica. La manifestazione di Berlino del 18 novembre e un'analoga dimostrazione tenuta a Lipsia il 7 dello stesso mese hanno, infatti, funzionato da eventi superspreader del virus. In una sorta di tragicomica nemesi, le due manifestazioni hanno causato tra 16.000 e 21.000 infezioni. È questo il risultato di uno studio del Leibniz-Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung di Mannheim (ZEW) e dalla Humboldt-Universität di Berlino, pubblicato il 9 febbraio.
L'analisi si basa sullo sviluppo dell'incidenza dei contagi da Covid-19 nei circondari con un'alta percentuale di negazionisti della pandemia. Tre fattori sono stati sovrapposti: la proporzione di elettori AfD, i tassi di vaccinazione contro il morbillo a livello e il numero di fermate degli autobus della rete Honk for Hope. Si tratta di un servizio messo a disposizione da Thomas Kaden, convinto oppositore delle restrizioni anticontagio in vigore in Germania, tanto che sul sito web della sua società campeggia a caratteri cubitali la scritta “Combattiamo per una vita libera e democratica, soprattutto per i nostri figli e nipoti. Siamo tutti il popolo!”. La clientela di riferimento è naturalmente composta da negazionisti del Covid-19. Dall'analisi dello ZEW e dell'Humboldt-Universität emerge che, dopo le manifestazioni di Lipsia e Berlino, l'incidenza settimanale di nuove infezioni è aumentata in maniera significativa nei circondari dove trovano le città servite da Honk for Hope. Si tratta soprattutto della Germania orientale, bacino elettorale di AfD e vivaio della destra radicale. Rispetto alle aree senza fermate, il dato è stato superiore in media del 40% fino a Natale.
Dichiarazioni come quelle di Gauland e Weidel mostrano quanto elettiva sia l’affinità di AfD con chi, oltre a rifiutare l’esistenza della pandemia, spesso nega anche la Shoah ed è pronto a imbracciare le armi per il ritorno al passato della Germania.
Geografia e politica del coronavirus si fondono in AfD, che dallo scoppio della pandemia ha voluto intercettare l’immaginario dei negazionisti del Covid-19. Un ruolo rivendicato con forza da Alexander Gauland, confondatore e presidente onorario del partito. In quanto “partito-movimento”, ha dichiarato Gauland il 20 dicembre scorso, AfD deve dare voce a Querdenken (AfD) e all’organizzazione della destra xenofoba Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes (Pegida). Allo stesso tempo, Gauland ha avvertito che AfD deve costantemente prestare attenzione affinché “alcuni pazzi” di estrema destra non registrino eventi a nome del partito. A rimarcare la simbiosi tra AfD e i negazionisti del coronavirus, l’8 febbraio scorso, Alice Weidel ha affermato che i politici tedeschi dovrebbero essere vicini ai movimenti di protesta contro le restrizioni anticontagio. Quanti dimostrano contro queste norme sono “persone di ogni appartenenza politica”, che si oppongono alle “restrizioni alle libertà, bisogna accettarlo”. Pertanto, i politici devono essere vicini a questi movimenti, come Querdenken. “Posso soltanto lanciare un avvertimento contro mettere le persone in un angolo”, ha dichiarato Weidel, secondo cui deputati dovrebbero partecipare alle proteste “come rappresentanti dell’elettorato, parlare con i manifestanti e scoprire le loro preoccupazioni”. In vista delle elezioni del Bundestag del 26 settembre e del crollo delle preferenze al 9% subito da AfD, queste affermazioni sono strumenti di mobilitazione del consenso. Tuttavia, dichiarazioni come quelle di Gauland e Weidel mostrano quanto elettiva sia l’affinità di AfD con chi, oltre a rifiutare l’esistenza della pandemia, spesso nega anche la Shoah ed è pronto a imbracciare le armi per il ritorno al passato della Germania.
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