Germania furbetta e Germania verde
Dal fondo per la ripresa alla sentenza della Corte costituzionale sulla legge per il clima
In questo numero Francesco De Felice scrive del piano per la ripresa tedesco e di come abbia deluso e seccato la Commissione Europea. Alessandro Ricci racconta della sentenza della Corte Costituzionale Federale sulla legge per il clima.
La Germania e la ripresa dalla crisi: da Besserwisser a furbetta dell'Ue
Francesco De Felice
La protezione del clima e la digitalizzazione sono le priorità del Piano di ricostruzione e resilienza (DARP), in cui il governo federale ha investito 28 miliardi di euro, di cui 25,6 assegnati alla Germania dal Fondo per la ripresa dell'Ue. Per uscire dalla crisi, il Paese punta al tempo stesso su una questione in cui è da tempo all'avanguardia, ossia la sintesi tra tutela dell'ambiente e crescita economica, e su un tema in cui soffre di un cronico ritardo, quale è l'infrastruttura digitale. Una strategia accolta con scetticismo, delusione e critiche dalla Commissione europea. A Bruxelles, è stata amara la sorpresa quando dalle valutazioni preliminari del DARP è emerso come dal piano siano assenti quelle riforme strutturali che la stessa Germania ha posto in passato come condizioni per l'erogazione degli aiuti europei, tanto nella crisi finanziaria del 2008 quanto in quella dell'Eurozona nel 2012. La Commissione europea ha, inoltre, lamentato che la Germania intende sfruttare i fondi dell'Ue per aumentare il finanziamento di progetti già a bilancio, sia in materia di protezione del clima sia per la digitalizzazione. Il governo federale ha risposto cin una scrollata di spalle, affermando che tutti i paesi dell'Unione europea concentrano i rispettivi piani di ripresa su clima e digitalizzazione. Con il DARP, se si sposa la posizione della Commissione europea, la Germania pare dismettere i panni delBesserwisserdell'Ue, ossia del saputello, per indossare quelli del furbetto di cui tante volte ha severamente accusato gli Stati membri meridionali. Una trasformazione che ha profondamente irritato e preoccupato Bruxelles. Nei corridoi di Palazzo Berlaymont ci si chiede, infatti, quali possano essere gli sviluppi per l'Ue se la Germania smette di dare il buon esempio.
A Bruxelles, è stata amara la sorpresa quando dalle valutazioni preliminari del DARP è emerso come dal piano siano assenti quelle riforme strutturali che la stessa Germania ha posto in passato come condizioni per l'erogazione degli aiuti europei, tanto nella crisi finanziaria del 2008 quanto in quella dell'Eurozona nel 2012.
La retorica della severa maestra teutonica, che impartisce lezioni ad alunni indisciplinati, va da tempo stretta alla Germania. La crisi attuale ha poi fatto scoprire al paese e alla sua classe politicala necessità della spesa pubblica in deficit, tanto che i vincoli di bilancio previsti dalla Costituzione sono stati sospesi fino al 2022 e al 2024. Questa conversione ha raggiunto l'apice col Fondo per la ripresa europeo come iniziativa tedesco-francese, in cui gli aiuti dell'Ue paiono sottratti alle rigide condizioni che in passato la Germania ha imposto altri Stati membri. Artefice di questa svolta dai richiami keynesiani può essere considerato il ministro delle Finanze Olaf Scholz, candidato cancelliere per il Partito socialdemocratico tedesco (SPD) alle elezioni del Bundestag del 26 settembre. È stato lo stesso Scholz a illustrare i dettagli del DARP il 27 aprile scorso, in una videoconferenza con il ministro dell'Economia e delle Finanze francese, Bruno Le Maire, che a sua volta ha presentato il piano per la ripresa del proprio paese. Un evento altamente simbolico, con cui Germania e Francia hanno inteso rimarcare la propria iniziativa nel processo che ha portato all'istituzione Fondo europeo per la ripresa. “Romba il motore tedesco-francese”, ha commento Scholz su Twitter.
il piano per la ripresa tedesco prevede che il 90 per cento dei 28 miliardi di eurovenga investito nella protezione del clima e nella digitalizzazione.
Dalle metafore automobilistiche, il ministro delle Finanze è tornato all'aritmetica per spiegare nel dettaglio i contenuti del DARP. In particolare, il piano per la ripresa tedesco prevede che il 90 per cento dei 28 miliardi di eurovenga investito nella protezione del clima e nella digitalizzazione. Di tale ammontare, alla politica per il clima e alla transizione energetica è destinato circa il 40 per cento, pari a 11,5 miliardi di euro. Le misure includono massicci investimenti per lo sviluppo dell'idrogeno, la promozione della mobilità rispettosa del clima e la ristrutturazione degli edifici affinché siano efficienti sul piano energetico. Per la decarbonizzazione, verranno finanziati progetti per 3,3 miliardi di euro. All'espansione della mobilità elettrica andranno circa 5,5 miliardi di euro, mentre per la ristrutturazione degli edifici ad alta efficienza energetica verranno spesi 2,5 miliardi di euro. Nella trasformazione digitale saranno investiti oltre 14 miliardi di euro. Sul totale, oltre il 50 per cento del DARP è dunque destinato alla digitalizzazione. Altri 1,9 miliardi di euro confluiranno in un programma di investimenti per i produttori di veicoli e l'industria dei fornitori. Il DARP include poi importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), avviati in maniera congiunta da Germania e Francia. Le iniziative riguardano l'idrogeno (1,5 miliardi di euro), la microelettronica (1,5 miliardi di euro), le tecnologie per la comunicazione (1,5 miliardi di euro), il cloud (75 milioni di euro) e l'elaborazione dei dati (75 milioni di euro). Questi IPCEI sono o saranno aperti alla partecipazione di tutti gli Stati membri dell'Ue. La Germania intende utilizzare il DARP anche per la promozione dell'istruzione digitale, finanziata con 1,3 miliardi di euro. Il piano del governo federale mira, inoltre, a rafforzare la partecipazione sociale e un sistema sanitario resistente alle pandemie. A tal fine, il programma per gli ospedali è la più vasta misura singola nel DARP, con un volume di 3 miliardi di euro. L'obiettivo è promuovere gli investimenti necessari nelle moderne capacità di emergenza e una migliore infrastruttura digitale negli ospedali. Per Scholz, con il DARP, la Germania dovrebbe sperimentare nel lungo periodo una crescita del PIL del 2 per cento, mentre l'occupazione dovrebbe registrare un incremento dello 0,5 per cento.
a Palazzo Berlaymont il piano per la ripresa tedesco è stato giudicato “poco ambizioso”. La Commissione europea sarebbesoprattutto “seccata anche perché la Germania non sta adempiendo alla sua funzione di modello in Europa”.Il governo federale mancherebbe, infatti, di attuare le riforme strutturali, e non soltanto quelle connesse agli aiuti del Fondo europeo per la ripresa, “minando così la credibilità dell'Ue”.
Prima ancora che il ministro delle Finanze illustrasse il DARP, erano già trapelate alcune indiscrezione che descrivevano la Commissione europea scettica in merito al programma. Come ha rivelato il quotidiano Handelsblatt il 19 aprile scorso, a Palazzo Berlaymont il piano per la ripresa tedesco è stato giudicato “poco ambizioso”. La Commissione europea sarebbesoprattutto “seccata anche perché la Germania non sta adempiendo alla sua funzione di modello in Europa”.Il governo federale mancherebbe, infatti, di attuare le riforme strutturali, e non soltanto quelle connesse agli aiuti del Fondo europeo per la ripresa, “minando così la credibilità dell'Ue”. Tuttavia, come sottolineato da Handelsblatt, è “estremamente improbabile” che Bruxelles possa respingere il DARP. In Germania è, infatti, in corso la campagna elettorale per il voto del 26 settembre e “qualsiasi richiesta di riforme è vista come un'eccessiva interferenza dell'Ue negli affari interni” del Paese. Inoltre, la Commissione europea ha “soprattutto un notevole interesse” alla rapida erogazione degli aiuti agli Stati membri, per cui è necessaria la ratifica di ciascun Paese dell'Ue. In tale prospettiva, l'esecutivo europeo “non può permettersi una controversia” con la Germania, “il più grande Stato membro”. Tuttavia, già il 25 gennaio scorso, per Handelsblatt la Commissione europea avrebbe lamentato come al governo federale manchi lo zelo per le riforme “che richiede sempre dagli altri Stati membri dell'Ue”. La Germania avrebbe quindi dovuto migliorare il suo programma di riforme “nel proprio interesse, ma anche in quello dell'Europa”.
La preoccupazione dell'Ue è che, “se la Germania non riesce a realizzare le riforme, nemmeno gli altri Stati membri ne saranno capaci”.
Durante colloqui con esponenti dell'esecutivo federale, rappresentanti della Commissione europea avrebbero affermato: “La Germania è il punto di riferimento per le riforme per tutti gli altri Paesi membri e speriamo che questo vi sia chiaro”. La preoccupazione dell'Ue è che, “se la Germania non riesce a realizzare le riforme, nemmeno gli altri Stati membri ne saranno capaci”. In particolare, la Commissione europea insiste sulla necessità della riforma del sistema pensionistico tedesco. Un tema difficile su cui intervenire, per qualsiasi politico in ogni paese. La complessità sale in maniera esponenziale quando è in corso una campagna elettorale, come in Germania dove i pensionati erano 21,2 milioni nel 2020. Tutto è ancor più complicato per un candidato socialdemocratico a cancelliere come Scholz. A ogni modo, il giudizio di Handelsblatt è categorico: il piano del governo federale per la ripresa “non contiene alcuna delle misure richieste dall'Ue”. La panoplia di investimenti contenuta nel DARP si compone dunque di “sussidi, non di riforme strutturali”.
Sulla questione è intervenuto il presidente dell'Istituto per la ricerca economica di Monaco di Baviera (IFO), Lars Feld. L'economista ha condiviso le tesi della Commissione europea, evidenziando che, “nella discussione sul Fondo per la ripresa dell'Ue, diventa chiaro come la Germania non sia un modello per le riforme” e non abbia attuato quelle richieste dall'Europa. La replica del governo federale è giunta al termine della videoconferenza di Scholz e Le Maire, quando il ministro delle Finanze tedesco ha scandito come le riforme strutturali siano previste dal DARP, per esempio con la modernizzazione e la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Con un altro abile dribbling delle questioni più spinose relative al DARP, Scholz ha risposto a chi gli chiedeva conto del fatto che il piano finanzi ulteriormente iniziative già previste dal bilancio federale, come la protezione del clima e lo sviluppo dell'infrastruttura digitale. Al riguardo, il ministro delle Finanze ha evidenziato che tali settori sono prioritari anche nei piani di ripresa degli altri Stati membri. “Così fan tutti”, praticamente, e la Germania, almeno per ora, non intende certamente essere il Besserwisser dell'Ue.
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La Corte costituzionale federale per il clima
Alessandro Ricci
Quando a ottobre 2019 il governo aveva “fatto notte” e in una seduta fiume durata fino al pomeriggio del giorno dopo aveva approvato il Klimaschutzgesetz, i manifestanti di Fridays For Future, riuniti alla Porta di Brandeburgo per accerchiare simbolicamente il Bundestag, si erano dovuti accontentare di un accordo al ribasso. Delusi dal pacchetto per il clima introdotto dalla Große Koalition, i dimostranti, parte di varie associazioni ambientaliste, si erano organizzati per un ricorso alla Corte costituzionale federale, che ha sede a Karlsruhe.
La legge sulla protezione del clima approvata con grandi sforzi dalla GroKo, intendeva assicurare che la Germania soddisfacesse gli obiettivi climatici nazionali/europei in linea con l'Accordo di Parigi. Il provvedimento sanciva il traguardo di tagliare le emissioni di anidride carbonica di almeno il 55% rispetto al 1990 entro il 2030 e di arrivare alla carbon neutrality, ossia alle emissioni zero, entro il 2050.
Il provvedimento sanciva il traguardo di tagliare le emissioni di anidride carbonica di almeno il 55% rispetto al 1990 entro il 2030 e di arrivare alla carbon neutrality, ossia alle emissioni zero, entro il 2050.
Più in dettaglio, la legge fissava gli obiettivi di riduzione della CO2 nei singoli settori: energia, edilizia, trasporti, industria, agricoltura. Per quanto riguarda, invece, il programma di protezione climatica, il governo tedesco aveva previsto un mercato nazionale della CO2 in due settori, edifici e trasporti, che non sono coperti dal mercato europeo. Un meccanismo di carbon pricing, che fa pagare chi inquina di più attraverso lo scambio di quote di CO2.
Per quanto riguardava la parte sulle emissioni, si introduceva un lungo percorso che definiva obiettivi annuali fino al 2030. Un programma severamente criticat da Cdu e Csu, secondo cui obiettivi annuali erano “inaccettabili” alla stregua di una “economia pianificata”. A ogni modo, era un primo passo per una legge che si occupasse realmente del problema del clima e che guardasse alle nuove generazioni. Una prima risposta al movimento ambientalista Fridays For Future, molto forte in Germania.
Tuttavia, questo impegno sembrava non bastare alle associazioni ecologiste, che sono riuscite a ottenere una vittoria alla Corte costituzionale federale. Il tribunale si è espresso sul Klimaschutzgesetz il 29 aprile scorso, dichiarandolo in parte incostituzionale e stabilendo che le regole per l’aggiornamento del percorso di riduzione delle emissioni dopo il 2030 non sono sufficienti. In sostanza, veniva attaccata proprio la critica mossa da Cdu e Csu, ossia troppo poca pianificazione per il ventennio 2031-2050.
I giudici di Karlsruhe chiedono, quindi, obiettivi di riduzione più precisi delle emissioni di gas serra per il periodo successivo al 2030, offrendo al governo tempo fino alla fine del 2022 per la modifica della legge. Di fatto, una vittoria per le associazioni ambientaliste e una grana per il governo, sia uscente sia entrante.
Nelle motivazioni della sentenza, i giudici hanno preso in considerazione l’età di coloro che hanno presentato il ricorso. Secondo la Corte, infatti, la legge priva dei diritti le giovani generazioni, perché la riduzione delle emissioni colpisce “praticamente tutte le libertà, perché quasi tutte le aree della vita umana sono ancora associate all'emissione di gas serra e sono minacciate da drastiche restrizioni dopo il 2030”. Pertanto, esiste il pericolo che se si fa troppo poco ora, le prossime generazioni saranno gravate in modo sproporzionato dal 2030 in poi. “A una generazione non dovrebbe essere consentito di consumare gran parte del budget di CO2 con un onere di riduzione relativamente lieve se ciò lascia alle generazioni successive un onere di riduzione radicale”.
“A una generazione non dovrebbe essere consentito di consumare gran parte del budget di CO2 con un onere di riduzione relativamente lieve se ciò lascia alle generazioni successive un onere di riduzione radicale”.
Con questa argomentazione, i giudici hanno posto una base importante anche per il futuro, chiarendo chi può avanzare ricorso contro la politica climatica tedesca e perché, ossia tutti coloro che saranno limitati nei loro diritti di libertà da restrizioni successive. E qui è interessante notare che non ci si riferisce alle restrizioni causate dal cambiamento climatico in sé, ma dalle rigide misure a protezione del clima che in futuro diverranno inevitabili.
Una sentenza come questa ha chiaramente avuto un notevole eco a livello politico, anche in vista delle elezioni del 26 settembre, del balzo in avanti nei sondaggi dei Verdi e della caduta libera del partito della cancelliera Angela Merkel. Il ministro dell'Ambiente Svenja Schulze (Spd) si è detta pronta a presentare una nuova Klimaschutzgesetz entro l’estate, definendo la sentenza della Corte costituzionale federale “vento favorevole alla protezione del clima”. Schulze ha poi incolpato Cdu e Csu per il fatto che non sia stato possibile pianificare oltre il 2030 gli obiettivi climatici.
Dal canto suo, il candidato cancelliere dell'Spd Olaf Scholz ha accusato i partiti conservatori di frenare l'espansione delle energie rinnovabili. “Un altro governo guidato dalla Cdu non solo non riuscirebbe a raggiungere gli obiettivi climatici, ma metterebbe anche a repentaglio la prosperità e il successo economico della Germania nei prossimi decenni”.
L'attivista per il clima Luisa Neubauer, tra coloro che avevano presentato l’esposto alla Corte costituzionale, è stata forse la più diretta nel mettere il tema direttamente nel panorama elettorale. “Mancano 22 settimane alle elezioni federali e la protezione del clima è un diritto fondamentale”.
In campo sono scesi anche i Verdi, che sulle questioni climatiche si trovano in linea con le tesi della Corte costituzionale: se non si adottano immediatamente misure efficaci per proteggere il clima, si deve procedere in maniera molto più radicale in futuro e attuare anche più restrizioni.
Il sigillo costituzionale sarà sicuramente utile in campagna elettorale per il partito ecologista, ma alcuni Verdi ora temono che questa sentenza possa dare maggior potere e sicurezza a parte degli attivisti di Fridays for Future. Attivisti che avevano già messo sotto pressione i Verdi in passato, lamentandosi di presunti piani di protezione del clima “privi di ambizioni” nel manifesto elettorale degli ambientalisti. Ma è proprio qui che si gioca il tema elettorale per i Verdi, primo partito secondo i sondaggi, che temono che piani di protezione del clima troppo radicali allontanino gli elettori della classe media, dall’altro lato, piani troppo blandi potrebbero allontanare la parte più ecologista, ribadendo così per l’ennesima volta la dualità del partito: combattivo sì, ma fino a un certo punto.
Infatti, la candidata cancelliera Annalena Baerbock e il co-presidente Robert Habeck hanno sempre assicurato di non voler interferire troppo con la vita delle persone nella lotta al cambiamento climatico. “Non abbiate paura”, ha dichiarato Baerbock nel 2019 al congresso del partito, “questa rivoluzione climatica è rivoluzionaria quanto un mutuo per la casa e un contratto di risparmio”. L'obiettivo era rassicurare gli elettori più moderati.
Tuttavia, se i Verdi sono finora stati in grado di placare gli attivisti con l'argomento che gli obiettivi ambiziosi non sono di alcuna utilità se non possono essere attuati, con la sentenza della Corte costituzionale del 29 aprile forse dovranno fare i conti con l’elettorato più radicale e radicato che chiede cambiamenti reali. Insomma, sia i Verdi sia il prossimo governo dovranno fare i conti con la realtà del cambiamento climatico. Si prevede una campagna elettorale tutta verde, a eccezione di Fdp e AfD che dell’anti-ecologismo hanno fatto un tratto distintivo.
Twitter: @Alessandricc
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