FDP, il quarto incomodo // Herr Laschet e l'Europa
Lindner ora vuole governare, anche male // L'Europa di Armin, un ritorno al passato
I sondaggi si stabilizzano e i partiti sono sempre più verso lo sprint finale. Questa settimana con Alessandro Ricci andiamo a vedere il “quarto incomodo”, i liberal-liberisti di Fdp, mentre con Uski Audino analizziamo l’idea di Europa di Armin Laschet.
Il giovane Lindner
Alessandro Ricci
“Irgendwann kommt der Punkt, an dem du weißt: Wie es ist, darf es nicht bleiben. Die großen Aufgaben sind liegen geblieben. Jetzt ist die Zeit, etwas zu tun. Warten wir nicht länger auf die Zukunft. Gehen wir hin. Heute. Nie gab es mehr zu tun.”
“C’è un momento in cui capisci: non può rimanere tutto così com'è. I grandi compiti sono stati dimenticati. Ora è il momento di fare qualcosa. Non aspettiamo oltre per il futuro. Andiamo. Oggi. Non c'era più niente da fare (se non agire)”. È un’entrata a gamba tesa quella di Christian Lindner, 42enne leader dei liberali tedeschi, che a differenza degli altri Spitzenkandidaten è già alla seconda candidatura. Un giovane rampante che a soli 34 anni era già il più giovane presidente nella storia del partito Fdp.
Un giovane che si è trovato a gestire la storia di un partito fatta di grandi successi e grandi sconfitte. Fdp otteneva il miglior risultato alle elezioni del 2009 con il 14,6%. All’ultima tornata del 2017, riusciva a rientrare nel Bundestag dopo che nelle precedenti elezioni non era riuscito a superare lo sbarramento del 5%. Nel 2017, il partito puntava su Christian Lindner e su una campagna incentrata completamente sulla digitalizzazione, vero collo di bottiglia della Germania. È stato un piccolo successo, con l’uscita dal consenso ad una cifra per attestarsi al 10,7%, diventando la quarta forza al Bundestag. Tanto che Fdp venne chiamata alle consultazioni per formare il governo, conclusesi con un nulla di fatto. Rimane memorabile la frase pronunciata da Lindner: ”È meglio non governare che governare in modo sbagliato”, escludendo così l’entrata nell’esecutivo e spianando la strada alla seconda edizione della Grosse Koalition.
”È meglio non governare che governare in modo sbagliato”
Lindner volle in quel caso dare un segnale, evitando l’errore del 2009, quando Guido Westerwelle ex Spitzenkandidat dei liberal democratici entrò nei negoziati della coalizione giallo-nera (Fdp-Cdu) piuttosto impreparato. Ed è così che ora Lindner si presenta agli elettori tedeschi, chiarendo che Fdp entrerà in un governo solo se il partito potrà nominare il ministro delle finanze, di cui sarebbe pronto ad assumere il ruolo. Insomma, non certo un posto nelle retrovie per la quarta economia mondiale. Anche qui ovviamente non vuole ripetere l'errore di Guido Westerwelle che non chiese lo stesso ruolo.
Ma il motivo è chiaro: Lindner ha chiarito con successo che Fdp è sinonimo di finanze solide e questo è facile rintracciarlo all’interno del programma. Il partito liberale intende cancellare il contributo di solidarietà destinato ai Länder orientali, e abbassare le tasse per le imprese. L’idea è piuttosto chiara, tagliare le tasse alle imprese per fare in modo che queste tornino ad investire. Alla base di tutto c’è il controllo del debito pubblico, da riportare sotto il 60% del PIL, e comunque limitare la spesa sociale al 50% del bilancio. Insomma, un occhiolino alle imprese anche grazie alla limitazione dell’orario lavorativo che non si basi su quello giornaliero, ma su quello settimanale, introducendo anche un’ulteriore flessibilizzazione del mercato del lavoro, ossia abolendo il periodo massimo di lavoro temporaneo.
Altri obiettivi di FDP sono la digitalizzazione e la de-burocratizzazione. La Germania è attualmente al 26° posto su 28 paesi europei in termini di digitalizzazione ed è un paese ad alta tassazione. L'obiettivo è quello di ridurre le tasse a tutti i contribuenti. Questo significherebbe, almeno nell’idea del partito, un sollievo per lo stato, perché redditi più alti porterebbero a maggiori pagamenti nel sistema di sicurezza sociale e lo stato dovrebbe contribuire di meno. Ma è da questo grafico elaborato dal quotidiano Süddeutsche Zeitung che è possibile capire l’idea di società dei liberali. Sembrerebbe inspirato dalla Trickle Down Economics, ossia tassare meno i ricchi perché poi i soldi ricadranno anche sulle fasce più deboli con investimenti e nuovi posti di lavoro. Ed è così che è possibile vedere che i tagli di tasse sono progressivi e le fasce più deboli ricevono tagli minori rispetto alle fasce a reddito più alto (in basso a destra nel grafico). Al contempo però le misure presentate da Fdp nel programma porterebbero ad un aggravio per le casse dello stato che potrebbe tramutarsi in un taglio delle prestazioni sociali, in vera ottica liberista si direbbe “meno stato per tutti”, ma soprattutto per chi non può permettersi un’alternativa. Insomma, la visione è chiara e l’obiettivo ben mirato, Fdp vuole essere il partito degli industriali e della popolazione ad alta fascia di reddito.
Se lo stato è visto come il Leviatano, l’Europa sembra essere la soluzione dei “gialli” e, sebbene alcune idee sembrino già superate dal corso degli eventi come la costituente per dotare l’Unione Europa di una Costituzione da far approvare attraverso referendum, altre non sono poi tanto sconosciute, come l’Europa “a due velocità”. Una UE a due velocità che si dovrà basare su rigidi controlli e per questo si propone di allargare e potenziare il meccanismo dello stato di diritto introdotto nel Next Generation EU, per inserirlo anche nel budget europeo.
E, se da una parte Armin Laschet, spitzenkandidat in crisidella Cdu, chiede una sorta di FBI europea, da parte di Fdp c’è la richiesta di un esercito europeo. Mentre sui rapporti con la Russia, un nodo da non sottovalutare in questa campagna elettorale, i liberali chiedono una collaborazione sul tema delle energie rinnovabili pur chiedendo di discutere in sede europea del progetto i Nord Stream 2, ultimato venerdì 10 settembre, e di una moratoria sul caso Navalny.
potrebbe accadere quello che successe a Helmuth Kohl nel 1976, che vinse le elezioni e non riuscì a trovare una coalizione di governo
Ed è in questo quadro politico che si incastrano le possibili coalizioni. I Liberali possono essere l’ago della bilancia per diverse coalizioni. Quello che è chiaro al momento è che Fdp sarebbe molto favorevole alla cosiddetta coalizione Jamaika, Cdu-Verdi-Fdp, esperimento già in atto in Schleswig-Holstein e che fallì a livello federale nel 2017 proprio per le divergenze tra Grünen e Fdp. Al momento, a vedere i sondaggi, è un’ipotesi che viaggia sul filo del 50% e i partiti non sembrano poi lontani come lo erano 4 anni fa. In ogni caso, è bene che rimanga chiaro che, nonostante Spd sia prima nei sondaggi, potrebbe accadere quello che successe a Helmuth Kohl nel 1976, che vinse le elezioni e non riuscì a trovare una coalizione di governo, proprio come Lindner ha ricordato a Scholz al Bundestag.
Ma c’è, chiaramente, un’altra ipotesi, sebbene più azzardata soprattutto dal punto di vista programmatico: una maggioranza liberal-socialista con Verdi e socialdemocratici (coalizione semaforo). Anche qui c’è un modello regionale, la Renania-Palatinato, guidato da una presidente di Spd. Ma anche questa è un’opzione che può permettere ai liberali di recuperare un ruolo di ago della bilancia della politica tedesca. Lindner ha un buon legame con Scholz anche se una visione della Germania che, almeno a guardare i programmi, diverge fortemente. Il semaforo è un’opzione con molti simpatizzanti, per esempio, i due vicepresidenti del partito Johannes Vogel e Wolfgang Kubicki oltre al segretario generale Volker Wissing promotore di questo tipo di coalizione in Renania-Palatinato.
Un lavoro di fino che gli ha permesso di intercettare il voto dell’elettorato liberale puro, quello che guarda ai diritti individuali e alle libertà economiche, guadagnando maggior consenso tra gli industriali del paese.
Ma è analizzando i flussi di voti che si può notare come Fdp, insieme ai Verdi, contribuisca a sottrarre elettori alla Cdu e di conseguenza il posizionamento dei Liberali. Uno spostamento frutto dell’atteggiamento critico di Lindner nei confronti della gestione del covid del governo e in particolare di Angela Merkel. Un lavoro di fino che gli ha permesso di intercettare il voto dell’elettorato liberale puro, quello che guarda ai diritti individuali e alle libertà economiche, guadagnando maggior consenso tra gli industriali del paese. Se quindi ora Merkel non è più l’interlocutore ricercato, Lindner e la sua Fdp sembrano attirare l’attenzione degli imprenditori molto più che Armin Laschet. Se davvero Lindner riuscirà a portare a compimento il suo piano alle elezioni del 26 settembre, tra quattro anni Fdp potrebbe diventare la terza forza in campo, ma questa è un’altra storia.
Herr Laschet e l'Europa. Un ritorno al passato
Uski Audino
Guarda a Est l'Europa immaginata da Armin Laschet, il candidato dell'Unione Cdu-Csu in corsa per la cancelleria. Un'Europa a salda guida franco-tedesca, forgiata sul ripristino di una “ragionevole” disciplina di bilancio e che punta sulla sicurezza come il nuovo cuore per rilanciare la Ue di fronte alle minacce internazionali. Non un trascinante salto nel futuro, non una nuova visione di integrazione europea, ma un deciso ritorno all'Europa pre-pandemia.
“dobbiamo avere un'Europol che si occupi di criminalità informatica e si riorganizzi sul modello di una Fbi europea”
Nel suo programma di politica europea dal titolo “Rendere l'Europa capace di agire” Laschet mette a fuoco la centralità della sicurezza “come base della prosperità economica” europea e “premessa della vitalità e della stabilità della nostra democrazia”. Il ritiro dall'Afghanistan ha mostrato come l'Europa sia completamente incapace di provvedere alla propria difesa, dice Laschet. “Questo momento è stato un campanello di allarme per la politica di sicurezza dell'Europa” e a partire da questo bisogna reagire per costruire il futuro. Dentro la cornice del concetto di sicurezza però ricade un spettro ampio di temi: la politica di difesa europea, la lotta alla pandemia da coronavirus, la protezione dalle catastrofi naturali prodotte dai cambiamenti climatici, la criminalità informatica, il terrorismo internazionale, la criminalità organizzata e l'estremismo. “Questa promessa di sicurezza, uno dei fondamenti dell'Europa – scrive Laschet nel suo contributo su Handelsblatt - ha bisogno di un rinnovamento radicale. L'Europa deve offrire ai suoi cittadini di ridurre al minimo i rischi per garantire la sicurezza, e acquisire una nuova forza”. Le proposte concrete si riferiscono però piuttosto alla lotta al terrorismo e alla criminalità nelle sue varie forme. Per essere efficaci nell'azione di contrasto “dobbiamo avere un'Europol che si occupi di criminalità informatica e si riorganizzi sul modello di un'Fbi europea” scrive Laschet.
Un altro elemento propositivo, rispetto a un programma che per il resto non offre varianti rispetto alle consolidate ricette degli ultimi trent'anni, è la richiesta di superare in sede europea il principio di unanimità nell'ambito della politica estera e di difesa. Si chiede dunque l'adozione di decisioni a maggioranza, in modo da rendere l'Unione europea “handlungsfaehig”, cioè capace di agire. La stessa richiesta di superare il principio dell'unanimità attualmente in vigore era stata avanzata in passato sulle politiche relative a migrazione e redistribuzione dei migranti. Senza successo.
La Ue immaginata dal candidato cristiano-democratico guarda a Est
La Ue immaginata dal candidato cristiano-democratico guarda a Est, si diceva. “Con la pandemia siamo riusciti a tenere insieme l'Europa del Sud e l'Europa del Nord” promuovendo bond comuni ma ora è arrivato il momento di migliorare i rapporti tra Est e Ovest della Ue, ha detto Laschet all'hotel Intercontinental di Berlino, a margine di una riunione con il gruppo del partito popolare europeo giovedì 9 settembre. Nella stessa occasione il capogruppo del Ppe Manfred Weber ha ricordato la posizione dei popolari europei, e cioè che dopo due anni di allentamenti di bilancio per la crisi del coronavirus “bisogna mettere un freno alle uscite” e “l'Europa deve tornare ad una disciplina di bilancio ragionevole e stabile”.
Dunque l'idea di Laschet, in linea con quella del Ppe, non fa un passo avanti in tema di integrazione Ue ma piuttosto guarda al programma di Bruxelles Next generation Eu come ad un unicum da non ripetere. L'offerta sul piatto agli Stati membri della cintura orientale per rendere più appetibile l'Europa è un maggiore impegno per la sicurezza e la difesa comune, sia nei confronti delle minacce che arrivano da Est – leggi la Russia – sia verso i pericoli interni che arrivano dal terrorismo. Ma la difesa europea non mette in discussione la Nato, si affretta a chiarire Laschet rassicurando in particolare i paesi Baltici. Al contrario “il rafforzamento del partenariato atlantico può avvenire solo attraverso un'Europa forte”.
“il rafforzamento del partenariato atlantico può avvenire solo attraverso un'Europa forte”.
L'Europa della sicurezza è pensata e costruita a partire dal traino franco-tedesco. E' quanto scrive Laschet nel suo programma e quanto lascia intendere a margine della sua visita all'Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron mercoledì 8 settembre. E' probabile che i punti condivisi con la Francia siano la richiesta di un rafforzamento della politica di sicurezza e difesa comune, a partire dal superamento del principio di unanimità, e la condivisione di progetti comuni nei sistemi di difesa “per diventare più efficienti e risparmiare risorse”, ha detto in un'intervista da Parigi. Nel corso della visita nella capitale francese Laschet ha voluto commemorare le vittime dell'attacco terroristico al Bataclan del 2015, sintesi plastica di una politica europea orientata alla Francia e che punta sulla centralità della sicurezza.
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