E’ iniziato il rush finale delle elezioni tedesche. Gli ultimi sondaggi danno Olaf Scholz (SPD) davanti ad Armin Laschet (CDU-CSU) e Annalena Baerbock (Verdi). Ma niente è ancora deciso, la battaglia per la successione ad Angela Merkel è ancora aperta. Lorenzo Monfregola analizza la fuga in avanti di Scholz, Francesco De Felice racconta le difficoltà di Laschet, Uski Audino approfondisce la frenata di Baerbock.
Olaf Scholz sarà la prossima Cancelliera?
Lorenzo Monfregola
Mentre Armin Laschet cercava scompostamente di riaffermarsi come valido candidato e Annalena Baerbock metteva in campo la strategia che punta a rilanciarla come Kanzlerkandidatin energica e preparata, Olaf Scholz è rimasto calmo e ha evitato possibili conflittualità. Durante il primo triello televisivo tedesco (lo scorso 29.08, sui canali privati RTL + ntv) si è così ripetuto lo schema che sta definendo l’incerta campagna elettorale tedesca: CDU-CSU e Grünen che pensavano di contendersi il primo posto, SPD che d’un tratto emerge invece come possibile terza via. Una terza opzione sempre più possibile, grazie al semplice fatto che Olaf Scholz, attuale Vice-Cancelliere e ministro delle Finanze del governo Merkel IV, viene progressivamente percepito come il leader più posato ed esperto. Ci sono momenti nella strategia politica in cui non parlare troppo e non disturbare un avversario che sbaglia diventa decisivo: Olaf Scholz sembra averlo capito molto bene. Da almeno un paio di settimane tutti i media internazionali stanno sottolineando l’incredibile recupero della SPD nei sondaggi: dopo 15 anni i socialdemocratici hanno addirittura superato la CDU-CSU in molteplici rilevazioni (ad esempio con un 25% a 20%, sondaggio INSA del 30 agosto). Altrettanto sottolineati vengono oggi i sondaggi sulle preferenze dirette dei tedeschi: secondo una rilevazione INSA, se in Germania si dovesse votare direttamente il prossimo Cancelliere, il 34% sceglierebbe proprio Scholz, mentre solo il 13% Baerbock e il 12% Laschet (e ben il 30% nessuno dei tre). Dopo il primo triello, quasi tutti i rilevamenti a caldo hanno anche sancito Scholz vincitore del confronto (seconda Baerbock e ultimo Laschet).
Ci sono momenti nella strategia politica in cui non parlare troppo e non disturbare un avversario che sbaglia diventa decisivo. Olaf Scholz sembra averlo capito molto bene.
Il nuovo Kanzlerin?
In un paese in cui il consenso per Merkel resta sempre molto alto, ci si è chiesti per mesi chi possa affermarsi come suo successore diretto: Armin Laschet, una copia “di partito” della Cancelliera, o Annalena Baerbock, un’evoluzione green e 2.0 della Kanzlerin? Entrambi i candidati, tuttavia, si sono persi in gaffe e cadute di credibilità. Così oggi ci si domanda seriamente: se il vero post-Merkel fosse invece il suo gentile e sorridente Vice-Cancelliere socialdemocratico? La SPD ha compreso velocemente l’attuale finestra di opportunità e sta sfruttando al meglio il paradigma, come ha mostrato l’azzeccato slogan creato ultimamente per Scholz: “Er kann Kanzlerin”, cioè “è in grado di fare la Cancelliera” (con Kanzlerin al femminile, per definire un’eredità diretta rispetto a Merkel). La strada per Scholz, tuttavia, non è certamente già in discesa. La stessa Merkel è scesa in campo per confermare l’ovvio: per quanto le riguarda il suo erede è Laschet, non certo Scholz. Mancano inoltre ancora due cruciali trielli televisivi (uno il 12.09 sui canali pubblici ARD + ZDF e uno il 19.09 sui canali privati ProSieben + Sat.1 + Kabel 1). La battaglia è ancora molto aperta e le complessità in campo per Scholz restano molteplici.
La SPD ha compreso velocemente l’attuale finestra di opportunità e sta sfruttando al meglio il paradigma, come ha mostrato l’azzeccato slogan creato ultimamente per Scholz: “Er kann Kanzlerin”
Un centrista per un partito che voleva tornare a sinistra
Vista la rimonta della SPD, i profili di Olaf Scholz stanno spuntando sui media di mezzo globo. 63 anni, Ministro delle Finanze e Vice-Cancelliere dal marzo 2018, ex sindaco di Amburgo (2011-2018), ex Ministro del Lavoro (2009-2009), Scholz conosce molto bene l’hard-power della Berliner Republik. Questo lo rende particolarmente più esperto di Laschet (che è stato fino a oggi attivo solo nel governo del Nordreno-Vestfalia, di cui è attualmente Ministro-Presidente) e Baerbock (la cui esperienza di governo è praticamente nulla). Com’è noto, Scholz ha inoltre acquisito particolare supporto tra i tedeschi durante la crisi Covid, in cui ha abbandonato il dogma del pareggio di bilancio per una manovra espansiva a sostegno di famiglie, professionisti e imprese tedesche.
La contraddizione più grande per il candidato socialdemocratico restano però gli equilibri interni al suo stesso partito. Partito di cui non è oggi il leader ufficiale, visto che nel 2019 ha perso (insieme a Klara Geywitz) la corsa alla Segreteria, venendo sconfitto dal duo Norbert Walter-Borjans e Saskia Esken, rappresentanti dell’ala di sinistra della SPD. Fin dal tonfo elettorale del 2017 con Martin Schulz, nei ranghi interni dei socialdemocratici c’è stata infatti una spinta interna a riposizionare il partito a sinistra, sottraendosi all’abbraccio centrista del modello Große Koalition. Al tempo stesso, quando già nell’agosto 2020 si è trattato di scegliere il candidato Cancelliere, il duo Esken-Borjans ha appoggiato proprio la candidatura di Scholz, cioè chi esprime più di tutti le attuali coordinate politiche della GroKo.
“Non puoi giocare come Angela Merkel e parlare come Saskia Esken", ha esclamato durante il triello Laschet rivolto a Scholz
Contro questa contraddizione si scaglierà nelle prossime settimane la campagna della CDU. "Non puoi giocare come Angela Merkel e parlare come Saskia Esken", ha esclamato durante il triello Laschet rivolto a Scholz, piazzando uno dei colpi meglio preparati dagli advisor cristiano-democratici. Per rincarare la dose, la CDU sta anche insistendo sul fatto che un voto per la SPD potrà favorire la formazione di una coalizione di governo Rot-Rot-Grün, con i socialdemocratici alleati a Verdi e Linke. Obiettivo di Laschet, infatti, è impedire il più possibile che parte dell’elettorato centrista-moderato di Merkel si sposti verso Scholz. Obiettivo perseguito andando quindi anche a recuperare quello che rimane dell’anti-comunismo tedesco. Da parte sua, Scholz sta tatticamente evitando di parlare troppo delle contraddizioni interne al proprio partito (anche perché, almeno fino al 26 settembre, nessuno nella SPD si sognerà di portarle a galla). In merito alla Linke, il socialdemocratico si mantiene invece tatticamente aperto. Il suo programma prevede una sovrattassa del 3% per i redditi molto alti (250 mila annui +), un nuovo salario minimo a 12 €/ora, il superamento del sistema di sussidi Hartz IV verso una forma diversa di reddito garantito, una nuova stagione di investimenti pubblici. I contenuti per un’alleanza di sinistra ci sono insomma tutti, almeno sulla carta. Scholz ha però più volte dichiarato che una sua eventuale alleanza di governo dovrà seguire al 100% il posizionamento della Germania nella NATO (la Linke è tradizionalmente filo-russa). Se sulle coalizioni interne al paese il leader socialdemocratico può infatti tergiversare, Scholz ritiene invece già irrinunciabile rassicurare i partner geopolitici in merito al vincolo transatlantico di Berlino (magari sfruttando anche implicitamente il fatto che, a ben vedere, lo stesso Laschet non era invece il più atlantista dei candidati alla presidenza CDU).
Vantaggio considerevole per Scholz è che avversari e critici non hanno più moltissimo tempo per smantellare narrativamente la sua crescita.
Scholz saprà tener vivo il suo momentum?
Se la rimonta di Scholz fosse avvenuta con uno o due mesi di anticipo, ci sarebbe stato tutto il tempo sufficiente perché il suo momentum venisse decostruito, così com’è già avvenuto con i momentanei hype nei sondaggi di Laschet e di Baerbock. Vantaggio considerevole per Scholz è invece che avversari e critici non hanno più moltissimo tempo per smantellare narrativamente la sua crescita. Al 26 settembre mancano solo 22 giorni e molti tedeschi, anche a causa della pandemia Covid, hanno già iniziato a votare per posta. Laschet ha avuto il tempo di fare notevoli errori (una su tutte la risata dopo la terribile alluvione in Renania-Palatinato e Nordreno-Vestfalia) e di risultare antipatico perché in qualche modo convinto che la candidatura da parte della CDU-CSU significasse già la conquista di Berlino. Baerbock è stata a lungo osservata nei minimi dettagli dai media e dai social, fino a far emergere sue specifiche mancanze e interrogativi sulla sua capacità di leadership. Per Scholz non ci sarà invece molto tempo per andare a insistere su alcuni dei suoi punti deboli, inclusi quelli legati al passato (come la sua gestione da sindaco del G20 di Amburgo nel 2017 o la scarsa attenzione del suo ministero rispetto al caso Wirecard). Nelle prossime tre settimane, salvo attacchi eccessivi nei suoi confronti, Scholz continuerà probabilmente a ricoprire il ruolo del socialdemocratico moderato che sintetizza la grande storia della SPD e una realpolitik funzionalmente post-ideologica. Un’impostazione che potrebbe essere sufficiente per la più clamorosa e inattesa delle resurrezioni socialdemocratiche.
Twitter @Lorenzomonfreg
Quando gli stivali non bastano: perché crollano i consensi di Laschet
Francesco De Felice
Trentacinque punti. È tanta la distanza che, a poco più di venti giorni alle elezioni del Bundestag, separa il candidato cancelliere di Unione cristiano-democratica (CDU) e Unione cristiano-sociale (CSU), Armin Laschet, dal rivale del Partito socialdemocratico tedesco (SPD) Olaf Scholz, ministro delle Finanze dal 2018. Secondo un sondaggio dell'istituto demoscopico Wahlen di ieri 3 settembre, Laschet, presidente della CDU e primo ministro del Nordreno-Vestfalia, è al 18%, in rimonta di appena un punto dal 27 agosto scorso. Scholz balza, invece, dal 49 al 53%. In Germania, il cancelliere è eletto dal Bundestag su proposta del presidente della Repubblica, che nomina chi ha ottenuto la maggioranza dei voti. Tuttavia, Laschet e i suoi sostenitori non possono adagiarsi sul Grundgesetz. La SPD è, infatti, in testa al 25%, tornando primo partito in Germania dopo 19 anni. CDU e CSU, insieme nell'Union, rimangono invariate al 22%. Al 14 agosto, l'Union era prima al 25%, staccando la SPD di cinque punti. Tuttavia, Scholz era già in netto vantaggio su Laschet, con il 29 contro il 15%, nell'ennesima rilevazione che lo dava per favorito alla Cancelleria. È, infatti, dalla fine di luglio che le preferenze del presidente della CDU stanno crollando, travolgendo l'Union.
È qui che sono emerse alcune delle note caratterizzanti di Laschet: perseveranza e capacità di dare il massimo quando maggiori sono le difficoltà, sorprendendo sostenitori e avversari.
Il dato non spiega le ragioni di un terremoto che rischia di portare i popolari all'opposizione, dopo 16 anni di governo con la cancelliera Angela Merkel. Le cause possono essere individuate in una comunione di fattori contingenti e di lungo periodo, personali e politici, di cui Laschet è protagonista. Il presidente della CDU scivola ora lungo una curva declinante, che pare inarrestabile. Tuttavia, nella corsa alla successione di Merkel, Laschet, partito in netto svantaggio, era riuscito a superare l'ultrafavorita Annalena Baerbock, la candidata dei Verdi che copresiede con Robert Habeck. Allora, il gradimento di Scholz ancora languiva. È qui che sono emerse alcune delle note caratterizzanti di Laschet: perseveranza e capacità di dare il massimo quando maggiori sono le difficoltà, sorprendendo sostenitori e avversari. Come un diesel prodotto nell'Autoland Nordreno-Vestfalia, dove il presidente della CDU governa dal 2017. L'effetto sorpresa appare aver segnato lo zenith e il nadir della candidatura di Laschet a cancelliere. In stivali di gomma e giacca sportiva, lo sguardo determinato, il leader dei cristiano-democratici ha stupito chi era abituato al suo sorriso bonario e ai suoi completi, facendosi fotografare tra il fango e i detriti mentre visitava le località del Nordreno-Vestfalia devastate dalle alluvioni di luglio. Un'abile mossa di propaganda, che echeggiava quella messa in atto nel 2002 dal socialdemocratico Gerhard Schröder, cancelliere dal 1998 al 2005. Schröder si fece immortalare in stivali di gomma sui luoghi delle inondazioni che travolsero la Germania orientale. In campagna elettorale per un secondo incarico, a un mese al voto, il cancelliere apparve come un uomo d'azione, guadagnando punti determinanti per la conferma del mandato.
Il presidente della CDU non smette di sorprendere, anche danneggiando se stesso.
Nell'immediato, il Laschet con gli stivali ha prodotto il medesimo effetto nell'opinione pubblica, sebbene non mancassero le critiche di chi lo accusava di sfruttare il disastro come una passerella elettorale. Tuttavia, il presidente della CDU non smette di sorprendere, anche danneggiando se stesso. I sondaggi hanno iniziato a peggiorare, in costante accelerazione, quando Laschet è stato colto a ridere durante un discorso in cui il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, giunto sui luoghi dell'alluvione in Nordreno-Vesftalia, commemorava le vittime della catastrofe. La tempesta di accuse da parte degli avversari politici si è presto scatenata e Internet ha fatto il resto, in un turbine di vignette satiriche e commenti.
In svantaggio, Laschet si è presentato al confronto televisivo del 29 agosto scorso con Scholz e Baerbock, mostrandosi assolutamente determinato a conquistare la Cancelleria, non celando a tratti anche una sorprendente aggressività. Tuttavia, i sondaggi dopo il dibattito hanno dato il presidente della CDU per sconfitto. Il 25% del campione si è detto convinto da Laschet, mentre Scholz e Baerbock hanno ottenuto rispettivamente il 36 e il 30%. Il commento del settimanale Der Spiegel è stato impietoso: il candidato cancelliere dei democristiano-conservatori “ha fatto il suo ingresso da perdente ed è nuovamente apparso un perdente, completamente senza contenuti”. Nel tentativo di recuperare consensi a destra, Laschet ha reagito presentando Friedrich Merz, già suo sfidante nella corsa alla presidenza della CDU, come “superministro” dell'Economia e delle Finanze in quel governo federale che si è detto certo di guidare. Ancora una sorpresa, ancora un colpo probabilmente a vuoto. Merz è, infatti, considerato troppo a destra, un falco in economia e un conservatore intransigente in politica. Il suo ingresso in un ipotetico esecutivo Laschet può quindi aver allontanato quei moderati che costituiscono il bacino elettorale di riferimento per CDU e CSU, nonché gli elettori che ancora non sanno per quale partito votare il 26 settembre.
Il commento del settimanale Der Spiegel è stato impietoso: il candidato cancelliere dei democristiano-conservatori “ha fatto il suo ingresso da perdente ed è nuovamente apparso un perdente, completamente senza contenuti”.
Laschet non si è arreso, ma ha nuovamente reagito presentando ieri il suo Zukunftsteam, la “squadra del futuro” formata da otto consulenti che lo affiancherà nelle ultime settimane prima delle elezioni. Tuttavia, la risposta dei votanti potrebbe essere ben diversa da quella auspicata dal primo ministro del Nordreno-Vestfalia. Secondo il direttore dell'istituto demoscopico Forsa, Manfred Güllner, lo Zukunftsteam “non dovrebbe portare una ripresa per l'Union, ma essere considerato negativamente come una reazione di panico”. Secondo Güllner, infatti, a eccezione di Merz, i componenti della squadra di Laschet sono poco conosciuti dagli elettori. Inoltre, l'esponente della destra della CDU “allontana molti elettori liberali, ma queste sono esattamente le persone che l'Union ha attualmente perso”.
Secondo il direttore dell'istituto demoscopico Forsa, Manfred Güllner, lo Zukunftsteam “non dovrebbe portare una ripresa per l'Union, ma essere considerato negativamente come una reazione di panico”.
Per tentare di spiegare il crollo di Laschet nei sondaggi, vi è infine da considerare il dato politico più generale. Dopo 16 anni di Merkel, la Germania vuole cambiare, con una nuova Wende a poco più di trent'anni dalla caduta del Muro di Berlino. Baerbock alla Cancelleria sarebbe stata forse un passaggio traumatico e dei limiti della copresidente dei Verdi Laschet ha potuto approfittare. Inesperienza di governo contro affidabilità e continuità con l'era Merkel, nel segno della stabilità. Tuttavia, appare questo il freno maggiore che sta rallentando la marcia di Laschet verso la guida del governo federale. Il presidente della CDU viene percepito come una fossilizzazione degli ultimi sedici anni della storia tedesca, nonostante il suo programma elettorale abbia al centro il “decennio di modernizzazione” della Germania. Emerge quindi Scholz, che coniuga il passato con una nuova declinazione del futuro. Come noto, i sondaggi lasciano il tempo che trovano. Se ora la Germania appare dirigersi verso l'alba del sol dell'avvenire socialdemocratico, non è detto che Laschet non sorprenda ancora.
Twitter: @FFelice1983
Annalena Baerbock non è più verde speranza. Pre-analisi di un mancato trionfo.
Uski Audino
Picchi di temperatura mai registrati prima in Canada, alluvioni catastrofiche in Germania e negli Usa, incendi devastanti nel Mediterraneo e in California, rapporti mai così allarmanti dell'Ipcc (Intergovernmental panel on Climate Change): non dovrebbe tutto questo essere vento nelle vele del più forte partito dei Verdi in Europa a tre settimane alle elezioni in Germania? Eppure i sondaggi raccontano un'altra storia. Da maggio a oggi, il partito guidato da Annalena Baerbock e Robert Habeck è passato dall'essere il primo nel Paese con il 26-28% a un modesto terzo posto, con il 16-18%. Quasi 10 punti in meno. Una scivolata che è andata di pari passo con la perdita di smalto di Baerbock, candidata dei Verdi alla Cancelleria, inciampata in una serie di piccoli errori di immagine (dal curriculum gonfiato alle accuse di plagio per una pagina copiata, per altro da un istituto di ricerca consenziente). Una serie di Kavalierdelikte (che in tedesco sta per crimini di poca importanza) che hanno messo in luce quello che sulla carta tutti già sapevano: la poca esperienza politica.
Fino a poche settimane fa i Verdi hanno puntato tutto sommato poco sul clima e sulla difesa dell'ambiente.
I Verdi: estremisti per i moderati e moderati per gli ambientalisti
L'aggravarsi della crisi climatica mondiale in ogni caso non ha fatto crescere i consensi dei Verdi. Gli ecologisti si sono posti e si pongono come un partito troppo estremista per l'elettorato medio-conservatore e troppo moderato per quello giovane e ambientalista. Nell'ansia di dimostrarsi affidabili, pragmatici e propositivi a 360 gradi, fino a poche settimane fa i Verdi hanno puntato tutto sommato poco sul clima e sulla difesa dell'ambiente. A inizio campagna elettorale, il partito è rimasto scottato dalla mirabile trappola dei tabloid che hanno bollato la prima proposta ambientale di Baerbock per incoraggiare il trasporto su rotaia a scapito del trasporto aereo con: “Addio ai voli lowcost a Maiorca”. Il panico generato nei tedeschi dalla diabolica sintesi ha reso cauti i Verdi, che hanno aspettato parecchio a entrare in partita e giocare la carta ambientale. Si sono limitati piuttosto a perorare la causa dell'uscita dall'energia a carbone entro il 2030, invece che alla data prevista del 2038. Una soglia minima e di non grandissimo appeal per l'elettorato. La difesa dell'aumento progressivo del prezzo del carburante per favorire il passaggio alla mobilità elettrica, una misura peraltro varata dalla grande coalizione CDU-CSU-SPD nel Klimapacket del 2019, è finita per essere altra sabbia negli ingranaggi della campagna elettorale dei Verdi, allarmando ulteriormente un elettorato moderato che avrebbe voluto una politica ambientale a costo zero. Di sicuro, l'aumento del carburante o l'addio all'auto a combustibile fossile ha avuto sui media più risonanza del cosiddetto Energiegeld, un contributo per restituire alle famiglie più bisognose l'aggravio di costi per l'incremento della spesa energetica. Ma la timidezza nel giocare la carta climatico-ambientale si è vista soprattutto in occasione della disastrosa alluvione del 15 luglio scorso in Nordreno-Vestfalia e Renania-Palatinato, quando per evitare l'accusa di passerelle e strumentalizzazioni sulla pelle delle vittime, Baerbock ha fatto una visita in forma privata agli alluvionati senza stampa al seguito. Piuttosto che insistere sulla necessità urgente di una politica imperniata sulla protezione dell'ambiente, Baerbock ha offerto proposte non indispensabili sulla gestione delle catastrofi. Il timore dei Verdi, che appare sotto traccia, è di essere identificati come un partito tematico più che come una formazione politica in grado di sostenere responsabilità di governo.
I Verdi puntano al “nuovo inizio”
La seconda caratteristica di questa campagna elettorale dei Verdi è sintetizzata nel tema del “nuovo inizio”. La tutela del clima e dell'ambiente è declinata da Baerbock nella chiave del cambiamento piuttosto che della conservazione (del “creato”) a partire dal suo primo discorso da candidata cancelliera: “Questo Paese ha bisogno di un nuovo inizio”, ha detto, per poi aggiungere “voglio cambiare piuttosto che promettere”. Questa retorica del cambiamento – mai abbandonata - potrebbe aver spaventato piuttosto che incontrato le aspettative di un elettorato storicamente moderato-conservatore. E questo soprattutto a fronte di un programma sociale ambizioso e fortemente riformatore, che punta sugli investimenti pubblici, sul rilancio della scuola, sulla lotta alla povertà infantile e sulla redistribuzione delle risorse attraverso la leva fiscale. I consistenti interventi pubblici proposti dai Verdi sarebbero controbilanciati da un aumento dell'aliquota fiscale per i redditi più alti e da una tassa sui grandi patrimoni. Soprattutto nel corso delle ultime settimane, è cresciuto ancora l'accento orientato alla politica sociale, piuttosto che all'ambiente. In un'intervista pubblicata ieri sulla Frankfurter Rundschau, Baerbock ricorda che i cristiano-democratici della CDU e i liberali della FDP “si concentrano principalmente sull'alleggerimento fiscale per i ricchi e non hanno idea di come faranno gli investimenti necessari per promuovere la modernizzazione”.
La tutela del clima e dell'ambiente è declinata da Baerbock nella chiave del “cambiamento” piuttosto che della “conservazione”.
L'insieme di queste dichiarazioni e di queste proposte ha reso facile il gioco dei critici, che hanno presentato i Verdi come “il partito dei divieti” e del “socialismo”, come si è letto nella anti-campagna contro gli ecologisti, con tanto di manifesti fake che riecheggiavano la grafica di quelli autentici. L'idea, promossa dall'agenzia di comunicazione di Amburgo Conservare Communication GmbH, è frutto dell'iniziativa dell'ex CSU David Berndels, sostenitore in passato delle campagne elettorali del partito di estrema destra AfD. Un'estremizzazione critica che ben rappresenta però le principali obiezioni rivolte ai Verdi.
Intanto, mentre il partito guidato da Baerbock (ed è legittimo chiedersi se il co-leader Habeck avrebbe fatto altrettanto) punta a occupare un campo tradizionalmente abitato dai socialdemocratici, i giovani ambientalisti criticano la formazione per le sue politiche poco coraggiose in fatto di protezione del clima.”I Verdi non presentano né un obiettivo climatico né misure sufficienti per raggiungerlo”, ha detto di recente la giovane portavoce di Fridays for Future Carla Reemtsma. E come lei la pensano molti coetanei. Chi sceglieranno tutti coloro che avranno per la prima volta occasione di votare e che magari da anni protestano alle marce del venerdì? La sorte dei Verdi dipenderà molto anche da loro.
Twitter: @uskiaudino
Se ti è piaciuta spargi la voce:
Se invece questa mail ti è stata inoltrata iscriviti qui:
©Riproduzione Riservata